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BCE e Fed seguono la moda del taglio tassi, ultimo momento di gloria di Draghi

Pubblicato 10.06.2019, 14:08
Aggiornato 02.09.2020, 08:05

All’improvviso, le banche centrali stanno cadendo come tessere di un domino. I due banchieri centrali più importanti del mondo hanno abbandonato ogni riserva e stanno ora parlando più o meno apertamente di tagli di tassi ed allentamento della politica monetaria, seguendo l’esempio di parecchi altri.

Il Presidente della Banca Centrale Europea Mario Draghi, che per mesi ha parlato di come la BCE avrebbe alzato i tassi tra qualche mese, la scorsa settimana non solo ha rinviato ancora la data di un aumento ma non ha neanche escluso che la prossima mossa possa essere un taglio dei tassi. Inoltre, Draghi ha affermato, durante la conferenza stampa successiva al vertice del consiglio direttivo nella capitale lituana di Vilnius, che alcuni policymaker parlano di riprendere gli acquisti di asset tramite il cosiddetto allentamento quantitativo.

Per il momento, la BCE ha ribadito l’annuncio delle operazioni di rifinanziamento mirate a lungo termine, o TLTRO, un modo di iniettare liquidità nel sistema bancario. I termini sono generosi, garantendo che molte banche, soprattutto nei paesi meridionali della zona euro, ottengano il prestito.

Il passo indietro di Draghi alle sue radici caute ha seguito la mossa più drastica del Presidente della Federal Reserve Jerome Powell, che mercoledì ha indicato che, contrariamente alle sue recenti dichiarazioni, la Fed resta pronta ad “intervenire nel modo appropriato“ contro i nuovi rischi derivanti dal persistere delle tensioni commerciali. I mercati hanno correttamente interpretato il termine “appropriato” ad indicare un taglio dei tassi ed a segnalare che Powell è pronto ad abbandonare la sua posizione se necessario per compensare gli effetti negativi dei dazi sulla crescita economica.

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Come a sottolineare il rischio, i dati sul mercato del lavoro USA pubblicati venerdì hanno rivelato un aumento di soli 75.000 posti di lavoro, molti meno rispetto ai solidi numeri degli ultimi mesi che vedevano centinaia di migliaia di nuovi posti di lavoro.

L’inversione di rotta di Powell e Draghi arriva mentre le banche centrali in Australia ed India hanno tagliato i tassi di riferimento la scorsa settimana, dopo un maggio in cui una serie di mercati emergenti hanno fatto lo stesso.

Il dietrofront di Powell ha fatto sì che il tono cauto di Draghi influisse poco sull’euro, in quanto gli investitori hanno considerato più importante l’impatto di un taglio dei tassi USA. Inoltre, e molti analisti sono d’accordo, è anche considerato più imminente, visto l’impatto più diretto dello scontro commerciale sull’economia USA. E poi la Fed ha molto più spazio di manovra. Il suo tasso di riferimento è al momento al 2,25-2,50, mentre quello della BCE è già a zero.

EURUSD 60 Minute Chart

In effetti, l’euro è salito sulla scia del vertice della BCE, infrangendo la barriera di 1,13 contro il dollaro.

La BCE si è addentrata in territorio negativo con il suo tasso di -0,4% sulle riserve delle banche e potrebbe fare altrettanto con il tasso di riferimento. Una ripresa degli acquisti di asset potrebbe essere una strada più semplice. Draghi ha reso noto che la BCE è pronta ad usare “tutti gli strumenti che ha a disposizione”.

Ha affermato che la banca non prenderà in considerazione un aumento dei tassi fino alla metà del 2020, sei mesi dopo del previsto. Quando gli è stato chiesto se il prossimo intervento sui tassi sarebbe stato inevitabilmente un aumento, tuttavia, ha risposto di no.

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L’aspetto sorprendente in tutto questo è che Draghi, che sembrava contento di traghettare verso la pensione mettendo il pilota automatico alla BCE, sta ora pensando di allentare nuovamente la politica monetaria ed ha già legato le mani al suo successore promettendo che non ci saranno aumenti prima della metà del 2020.

Ciò non sembra far aumentare le chances del Presidente della Bundesbank Jens Weidmann, un noto falco che si è apertamente espresso contro molte delle politiche di Draghi. L’ascesa di Weidmann sarebbe considerata uno sconvolgimento del percorso tracciato da Draghi. Il presidente della banca centrale francese François Villeroy de Galhau appare come una transizione più tranquilla e si trova in testa ad alcuni sondaggi sulla successione.

Il problema è che un francese, Jean-Claude Trichet, ha già avuto un mandato di otto anni come presidente mentre un tedesco non ha mai ricoperto l’incarico. Si tratta di un ostacolo anche per Benoît Coeuré, membro del consiglio direttivo che piace a tutti per il ruolo ma che si trova la strada sbarrata da una norma che impedisce ad un membro del direttivo di essere rinominato al consiglio.

Ecco perché due finlandesi, l’attuale ed il precedente governatore della banca centrale, Olli Rehn ed Erkki Liikanen, rispettivamente, sperano di ottenere il posto come candidati di compromesso. La questione, nel complicato processo UE dell’assegnazione dei ruoli, è che se la danese Margrethe Vestager ottenesse il posto di presidente della Commissione Europea, sarebbe difficile collocare un altro scandinavo sullo scranno della BCE. E non si possono dimenticare l’alto senso di amor proprio e di diritto che nutrono i francesi nei confronti di uno dei principali ruoli UE.

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