La buona notizia per i tori del greggio è che ci sono buone probabilità che il mercato si riprenda ogni volta che si avvicina al supporto di 50 dollari al barile.
La brutta notizia è che non ci sono eventi nell’immediato futuro che possano spingere il mercato a proseguire in salita dopo queste riprese. Il prossimo vertice dell’OPEC, quando l’Arabia Saudita ed il suo alleato, la Russia, avranno la possibilità di cercare di spingere il mercato ad una nuova serie di tagli o prezzi più alti, non avverrà prima di dicembre.
Produzione abbondante, dati deludenti
E, a meno che non si verifichi un altro shock per le forniture della portata dell’attacco di settembre contro gli impianti petroliferi sauditi, ci sono pochi motivi di temere una carenza di greggio. Al contrario, il mondo sta praticamente annegando nel petrolio, se si crede ad alcuni pessimisti dei mercati, un’ipotesi che supporta prezzi più bassi e non più alti.
E poi c’è la crescente paura di una recessione statunitense, rafforzata dai dati deludenti della scorsa settimana sul settore manifatturiero e dei servizi dell’Institute of Supply Management.
Come se non fosse abbastanza, persiste l’apprensione per un rallentamento globale, scatenata dall’idea che qualsiasi tentativo USA-Cina di arrivare ad un accordo commerciale possa essere condannato al fallimento. Con i negoziati tra le parti che riprenderanno a Washington questa settimana, la notizia che la Cina potrebbe stare inasprendo la sua posizione cozza con le parole incoraggianti di venerdì del Presidente USA Donald Trump e del consulente economico della Casa Bianca Larry Kudlow (già sentite).
L’Arabia Saudita produce come prima ma la domanda rallenta
Dominick Chirichella, direttore del rischio e del trading dell’Energy Management Institute di New York, riassume così la situazione:
“Il rapido ritorno ad una produzione completa in Arabia Saudita ha spostato nuovamente l’attenzione degli operatori dei mercati alla possibilità di un rallentamento dell’economia globale e, di conseguenza, di un rallentamento della crescita della domanda di greggio globale”.
Grafici forniti da TradingView
Chirichella spiega che la ripresa di venerdì, con i prezzi del greggio che si sono stabilizzati sulla giornata ma sono crollati del 6% sulla settimana facendo segnare al Brent la settimana peggiore da metà luglio, è stata più uno short-covering pre-weekend che un cambio strutturale del complesso.
Aggiunge:
“Il greggio è ora scambiato sotto il livello precedente all’attacco (saudita), mentre i prodotti distillati sono poco al di sopra”.
“Il principale vincitore finora è il settore della raffinazione, che ha visto una forte ripresa dei crack spread di raffinazione, ed il forte sovrapprezzo dei prezzi di distribuzione della benzina rispetto a quelli pre-attacco”.
Range di trading di 2 dollari probabile per WTI e Brent
Il greggio USA West Texas Intermediate si è attestato a 52,81 dollari al barile venerdì dopo essere arrivato a meno di 5 centesimi dallo scendere sotto i 52 dollari. Se dovesse venire meno questo supporto, la discesa sotto i 51 dollari sarà probabile, prima di una spinta finale sotto i 50 dollari.
Nelle attuali condizioni di mercato, il WTI a meno di 50 dollari non sembra ancora sostenibile, anche nell’eventualità di un altro enorme aumento delle scorte settimanali riportato dalla U.S. Energy Information Administration. Perciò questa settimana è probabile un range di 51,80-53,80 dollari.
Il greggio britannico Brent si è attestato a 58,37 dollari venerdì. Allo stesso modo potrebbe essere scambiato nel range di 2 dollari, tra 57,50 e 59,50 dollari.
L’oro continua a brillare mentre il rendimento scende
Nel caso dell’oro, eventuali indizi da parte del Presidente della Federal Reserve Jay Powell circa l’intenzione di tagliare nuovamente i tassi per impedire all’inflazione di scendere troppo potrebbero mantenere il metallo prezioso fermamente sopra il supporto di 1.500 dollari l’oncia.
I future dell’oro USA con consegna a dicembre si sono attestati in calo di 90 centesimi, o dello 0,1%, a 1.506,20 dollari l’oncia dopo che il Dipartimento per il Lavoro ha riportato una crescita dell’occupazione non agricola di 136.000 unità a settembre: sotto le 140.000 stimate, ma sufficiente a contribuire ad abbassare il tasso di disoccupazione al minimo di 50 anni.
Dopo aver segnato il minimo di due mesi di 1.465 dollari negli scambi intraday di martedì, i future dell’oro sono schizzati di oltre 41 dollari, quasi il 3%.
Fawad Razaqzada, analista di FOREX.com, scrive:
“L’oro continua a brillare luminoso in questi tempi turbolenti per via, tra l’altro, di una maggiore domanda di asset rifugio”.
“A supportare ulteriormente il metallo prezioso contribuisce il calo del dollaro e l’aumento dei prezzi dei bond o, per dirla diversamente, il calo del rendimento, che sta facendo aumentare l’appeal degli asset senza interesse come oro e argento”.
Previsto terzo taglio dei tassi del 2019, anche se scendono le probabilità
Powell venerdì ha affermato che la Fed sta esaminando delle strategie che potrebbero aiutarla a raggiungere in modo simmetrico e sostenibile l’inflazione al 2%.
Venerdì, le probabilità di un taglio dei tassi ad ottobre sono scese al 78% dall’87% del giorno prima, secondo lo Strumento di Controllo dei Tassi della Fed di Investing.com, sebbene abbiano poi recuperato terreno, attestandosi all’80,2%, negli scambi europei di questo lunedì mattina.
Finora quest’anno la Fed ha effettuato due tagli di un quarto di punto consecutivi, a luglio e a settembre, per cercare di preservare la decennale crescita record dell’economia USA. La Fed si incontrerà il 28-29 ottobre per prendere in considerazione un terzo taglio dei tassi.