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Greggio vicino ai 55 dollari; il palladio spodesta l’oro

Pubblicato 14.01.2019, 16:35
Aggiornato 02.09.2020, 08:05

La strada di una resistenza minore del greggio è in salita. Anche gli orsi del greggio sono d’accordo. Quello che resta un’incognita è quanto potrà andare avanti il mercato rialzista senza invertirsi mentre la determinazione dei sauditi nel tagliare le scorte si scontra con la vulnerabile economia cinese e il suo peso sulla domanda energetica globale.

I tori del greggio, ovviamente, hanno molto da festeggiare per la promessa dell’Arabia Saudita di “riequilibrare” il mercato. Il Ministro del petrolio saudita Khalid al-Falih ha reso noto la scorsa settimana che il regno sta producendo circa 800.000 barili al giorno in meno dal massimo storico di 10,2 milioni di barili al giorno di novembre. La quantità che Riad spedirà oltreoceano a febbraio sarà inferiore di altri 100.000 barili al giorno rispetto ai 7,2 milioni di barili al giorno di gennaio, ha aggiunto.

WTI 300-Min Chart

Nella seconda fase della sua ripresa verso i 60 dollari, il greggio USA West Texas Intermediate potrebbe testare i 55 dollari al barile. La prima fase è avvenuta a meno di due settimane dall’inizio del nuovo anno, con il WTI che venerdì ha chiuso con un rimbalzo del 22% rispetto al minimo di 18 mesi di 42,36 dollari della Vigilia di Natale.

Il WTI a 60 dollari indicherebbe un’impennata del 42% rispetto alla Vigilia di Natale

Se il WTI arrivasse a 60 dollari entro fine gennaio, si tratterebbe di un’impennata del 42% dai minimi del 2018. In termini percentuali, è molto di più del crollo dell’anno scorso. Si tratterebbe inoltre di una ripresa fenomenale se avvenisse entro un mese, considerato che il selloff è durato più di tre mesi.

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Tuttavia, a 60 dollari al barile il WTI recupererebbe solo 17 dei 37 dollari persi dai massimi del 2018. E ci sono dubbi su come questa impennata sia supportata a livello fondamentale.

Dominick Chirichella, dell’Energy Management Institute di New York, nel weekend ha dato voce alla preoccupazione che affligge alcuni investitori e trader circa la ripresa del greggio:

“Ci sono ancora timori per lo stato di salute dell’economia globale … se si stia dirigendo verso un rallentamento sostenibile, o persino una recessione, in alcune parti del mondo”.

E nessuna parte del mondo è forse tanto importante per la crescita come la Cina, dove uno scontro commerciale che va avanti da quasi un anno tra il governo di Pechino e il governo Trump negli USA sta soffocando la seconda economia mondiale.

Le preoccupazioni per la Cina potrebbero pesare sulla domanda di greggio

Sebbene il WTI la scorsa settimana abbia registrato l’aumento settimanale più alto di almeno sei mesi, con un rimbalzo di quasi l’8%, il mercato di venerdì è stato al ribasso per la presa di profitto da parte degli investitori sulla scia dei timori per il fatto che le ultime trattative commerciali USA-Cina si siano concluse senza un esito positivo.

I funzionari USA presenti alle trattative hanno affermato che qualsiasi accordo stretto con Pechino dovrà comprendere una completa “verifica ed effettiva attuazione” ed i funzionari cinesi hanno risposto che “entrambe le parti” sono obbligate a mantenere le proprie promesse. Dire che nessuno dei due si fida dell’altro sarebbe minimizzare. Restano circa 45 giorni alle due parti per raggiungere un’intesa prima della scadenza del 1° marzo, quando saranno applicati ulteriori dazi USA su 200 miliardi di dollari di beni cinesi.

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Anche se venisse trovato un accordo, si teme che la crescita cinese 2019 possa essere una delle più deboli dal 1990. In quanto principale consumatore di greggio al mondo, qualsiasi debolezza dell’economia del paese avrà conseguenze significative sulla domanda energetica.

A parte la Cina, il WTI sopra i 50 dollari scatena le preoccupazioni di un’altra impennata della produzione di petrolio da scisto USA, schizzata di oltre 2 milioni di barili al giorno nel 2018 alla cifra record di 11,7 milioni di barili al giorno. Secondo Reuters, l’agenzia JBC Energy la scorsa settimana ha affermato che è possibile che la produzione statunitense sia “significativamente al di sopra dei 12 milioni di barili al giorno” questo mese.

Il palladio spodesta l’oro come metallo con più valore

Oltre al greggio, una delle materie prime più forti è il palladio, diventato la scorsa settimana il metallo con più valore al mondo, dopo che il suo prezzo spot ha registrato i massimi storici sopra i 1.300 dollari l’oncia, spodestando l’oro.

XPD/USD Weekly Chart

L’impennata del palladio è cominciata più di un anno fa, ad ottobre 2017, ma la scorsa settimana ha segnato il picco con gli investitori che hanno collegato il metallo prezioso usato per purificare le emissioni delle auto ad un annuncio del governo cinese che potrebbe spingere il possesso di auto.

Ma la domanda industriale potrebbe essere solo uno degli aspetti fondamentali della storia del palladio.

Walter Pehowich, vice presidente esecutivo di Dillon Gage Metals ad Addison, in Texas, afferma che, più di qualunque altra cosa, è l’attività speculativa a spingere il palladio “man mano che un interesse sempre maggiore da parte degli investitori entra in questo mercato ridotto e relativamente piccolo”.

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Per dare un’idea dell’aspetto del mercato, Pehowich cita l’aperto interesse sui future di marzo del palladio, che ammonta a 25.000 contratti equivalenti a 2,5 milioni di once fisiche, rispetto alle scorte fisiche di 44.000 once nei magazzini legati al London Metal Exchange.

L’interesse degli investitori nel palladio è superiore alle scorte

Afferma Pehowich:

“Mancano ancora sei settimane al primo giorno di notifica sulla piazza del contratto di marzo del palladio. In passato la piazza ha fatto un ottimo lavoro nel limitare la quantità di contratti che una camera può tenere senza avere alcun problema. Ma non abbiamo mai visto un prezzo del palladio tanto alto e, con un tale nuovo interesse da parte degli investitori, sarà interessante vedere cosa farà la piazza per evitare un potenziale problema”.

Metals Focus afferma che, sebbene la fornitura di palladio da parte dei principali produttori tra cui Russia e Sud Africa non sia aumentata, la domanda globale dal settore automobilistico dovrebbe aver raggiunto il record di 8,5 milioni di once l’anno scorso.

Anton Berlin, responsabile delle analisi e degli sviluppi di mercato di Norilsk Nickel PJSC, secondo Bloomberg avrebbe affermato che l’uso combinato del palladio nei veicoli ibridi e di veicoli ibridi plug-in - o ricaricabili - sarà quasi il triplo di quella del 2016 nel 2020.

Gli analisti di JPMorgan affermano inoltre che i veicoli ibridi dovrebbero crescere da solo il 3% della partecipazione di mercato globale del 2016 al 23% delle vendite entro il 2025.

Aggiunge Pehowich: “Osserveremo con attenzione la situazione per vedere come andrà”.

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