La propensione al rischio complessiva rimane debole dopo le notizie degli attacchi contro due petroliere nel Golfo dell’Oman. Le borse USA hanno chiuso in positivo sulla scia del rialzo dei titoli energetici; i rendimenti USA sono scesi e c’è stato invece un rimbalzo dei prezzi di petrolio e oro. Classici flussi verso i rifugi sicuri. Gli USA hanno accusato l’Iran degli attacchi che inaspriscono le tensioni in Medio Oriente. Viviamo, però, in tempi estremi, in cui la naturale determinazione del prezzo dei mercati non è più rilevante. Notizie che avrebbero spedito i mercati su un ottovolante da far drizzare i capelli hanno invece innescato volatilità per il greggio e un incremento solo marginale del prezzo. Le banche centrali, alle prese negli ultimi mesi con una politica monetaria estrema orientata verso l’espansione, continuano a sostenere il rischio. Fatta questa premessa, consideriamo l’attuale calo degli asset rischiosi un movimento di breve termine. Probabilmente la riunione e la conferenza stampa della Federal Reserve la prossima settimana forniranno ulteriore supporto.
IL FOMC sta preparando le argomentazioni per un taglio dei tassi d’interesse a settembre. Per la Fed non sarà facile mettere in risalto la flessione, dovuta all’escalation della guerra commerciale, e i dati macroeconomici deboli, senza spaventare il mercato. Questo mutamento annuncerà la svolta della politica monetaria globale. Il mercato ha già messo in conto un taglio di 25 punti base e la probabilità di una recessione nei prossimi 12 mesi si attesta al 30%. Tuttavia, una volta sentita la Fed, la strategia influirà sui mercati. Probabilmente il risultato netto sarà un indebolimento dell’USD, soprattutto contro le valute dei mercati emergenti, e un ulteriore progresso delle azioni. In prospettiva, sarà interessante vedere se il presidente della Fed Powell riuscirà a evitare che il presidente Trump trascini gli USA nella recessione. Verosimilmente nei prossimi mesi assisteremo a un testa a testa fra le due istituzioni americane più potenti.