Dopo una lunga attesa durata anni, finalmente le istituzioni europee muovono il primo e decisivo passo verso il riconoscimento delle criptovalute.
L’Europa, con l’entrata in vigore della Direttiva (UE) 2018/843 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 30 maggio 2018, che modifica la direttiva (UE) 2015/849 relativa alla prevenzione dell’uso del sistema finanziario a fini di riciclaggio o finanziamento del terrorismo e che modifica le direttive 2009/138/CE e 2013/36/UE (Testo rilevante ai fini del SEE), riconoscerà ufficialmente le valute digitali.
Entro il 2020 gli Stati membri dell’Unione Europea dovranno introdurre obbligatoriamente lo status di valuta virtuale nel loro ordinamento giuridico, infatti la direttiva dovrà essere recepita a livello dellei singole nazioni prima del 10 gennaio 2020.
Con l’atto legislativo l’UE dà una definizione chiara e definitiva delle criptovalute, che vengono considerate “una rappresentazione di valore digitale che non è emessa o garantita da una banca centrale o da un ente pubblico, non è necessariamente legata a una valuta legalmente istituita, non possiede lo status giuridico di valuta o moneta, ma è accettata da persone fisiche e giuridiche come mezzo di scambio e può essere trasferita, memorizzata e scambiata elettronicamente”.
Interessante notare come al punto 10 delle considerazioni introduttive, si precisa come le valute virtuali non dovrebbero essere confuse con la moneta elettronica, né con le valute di gioco che possono essere utilizzate esclusivamente all’interno di un determinato ambiente di gioco.
“Sebbene le valute viruali possano essere spesso utilizzate come mezzo di pagamento, potrebbero essere usate anche per altri scopi e avere impiego più ampio, ad esempio come mezzo di scambio, di investimento, come prodotti di riserva di valore o essere utilizzate in casinò online. L’obiettivo della presente direttiva è coprire tutti i possibili usi delle valute virtuali.”
IL PRESUNTO ANONIMATO DELLE CRIPTOVALUTE
Nella direttiva, l’Unione Europea esprime una certa apprensione per un potenziale uso improprio delle criptovalute.
Al punto 9 si fa riferimento al “problema dell’anonimato delle operazioni in valuta virtuale” e si raccomanda alle singole entità statuali l’implementazione di misure legislative “che consentano loro di associare gli indirizzi della valuta virtuale all’identità del proprietario di tale valuta. Occorre inoltre esaminare ulteriormente la possibilità di consentire agli utenti di presentare, su base volontaria, un’autodichiarazione alle autorità designate.”
Proprio per contrastare i potenziali illeciti, l’Unione Europea introduce formalmente la figura del prestatore di servizi di portafoglio digitale (wallet), definita come “soggetto che fornisce servizi di salvaguardia di chiavi crittografiche private per conto dei propri clienti, al fine di detenere, memorizzare e trasferire valute virtuali”.
Nelle more del recepimento della direttiva dai singoli stati membri, l’UE stabilisce che “I prestatori di servizi la cui attività consiste nella fornitura di servizi di cambio tra valute virtuali e valute aventi corso legale (vale a dire le monete e le banconote considerate a corso legale e la moneta elettronica di un paese, accettate quale mezzo di scambio nel paese emittente) e i prestatori di servizi di portafoglio digitale non sono soggetti all’obbligo dell’Unione di individuare le attività sospette”.
Per questo motivo, continua la direttiva, gruppi criminali possono essere in grado di trasferire denaro verso il sistema finanziario dell’Unione o all’interno delle reti delle valute virtuali, dissimulando i trasferimenti o beneficiando di un certo livello di anonimato su queste piattaforme.
“Ai fini dell’antiriciclaggio e del contrasto del finanziamento del terrorismo (AML/CFT), le autorità competenti dovrebbero essere in grado di monitorare, attraverso i soggetti obbligati, l’uso delle valute virtuali. Tale monitoraggio consentirebbe un approccio equilibrato e proporzionale, salvaguardando i progressi tecnici e l’elevato livello di trasparenza raggiunto in materia di finanziamenti alternativi e imprenditorialità sociale”.
L'IMPATTO DELLA DIRETTIVA SUL MERCATO
Dopo il report del Parlamento europeo Valute virtuali e politica monetaria delle banche centrali: le prossime sfide, con cui le istituzioni europee hanno voluto lanciare un chiaro segnale rispetto alla necessità di comprendere il fenomeno delle criptovalute, la direttiva 2018/843 rappresenta un ulteriore passo verso il raggiungimento dell’obiettivo.
Senza rischiare toni eccessivamente trionfalistici, è palese come questo atto legislativo sia un punto di svolta decisivo verso il pieno riconoscimento delle valute digitali da parte delle entità politiche e finanziarie internazionali.
Una delle principali critiche utilizzate dai detrattori delle criptovalute, è sempre stata quella afferente la mancata regolamentazione del mercato.
Bene, con quest’atto politico, l’Unione Europea ha chiaramente affermato che le criptovalute saranno un elemento permanente dell’architettura finanziaria e monetaria globale per gli anni a venire e non si potrà prescindere da un loro pieno riconoscimento.