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Mercati emergenti sofferenti: è prevista una ripresa?

Pubblicato 12.11.2018, 12:34
Aggiornato 09.07.2023, 12:32

Di Salman Ahmed, PhD, Chief Investment Strategist e Didier Rabattu, Head of Equities Lombard Odier IM

Dopo uno spettacolare 2017, il 2018 è stato un anno complicato per l’azionario dei mercati emergenti. Il sentiment e la crescita dei fondamentali hanno subito l’impatto dei timori legati alla guerra commerciale tra Stati Uniti e Cina, del Quantitative Tightening della Fed e di un dollaro più forte, oltre a quello di una serie di shock idiosincratici in alcuni paesi, come Turchia e Argentina.

A livello macroeconomico, tuttavia, sembra che i fattori causa di forti pressioni per gli asset dei mercati emergenti stiano diminuendo. La diffusa negatività legata alle frizioni commerciali, i timori in merito alla fine del ciclo economico e una Fed più aggressiva hanno riportato le valutazioni ai livelli del 2015. L’attuale mercato potrebbe incorporare questo sconto, man mano gli importanti catalizzatori della sovra-performance dei mercati emergenti si allineano.

Riteniamo che questa situazione potrebbe portare a una ripresa sempre più sostenuta degli asset dei mercati emergenti man mano che ci si avvicina alla fine dell’anno.

USA/Cina – ci aspettiamo una riduzione delle tensioni commerciali nel breve termine

Il rapporto tra Stati Uniti e Cina è forse l’elemento più importante a livello geo-economico e geopolitico globale del nostro secolo. Negli ultimi mesi, con l'acuirsi delle tensioni commerciali tra i due paesi, sta diventando sempre più chiaro che le tensioni tra Stati Uniti e Cina vanno oltre il commercio.

Finora la Cina è riuscita a limitare le ripercussioni esclusivamente all’area commerciale ma gli Stati Uniti stanno concentrando la loro attenzione su altri settori sui quali imporre i dazi. Sembra che attualmente a Washington non ci sia nessuno a favore della Cina: Repubblicani, Democratici, la Casa Bianca e persino i Multi-Nationals stanno iniziando ad avere un atteggiamento ostico nei confronti di Pechino.

Un recente discorso del Vice Presidente Mike Pence evidenzia l’incremento della diffidenza dei politici statunitensi nei confronti della Cina. Probabilmente, dato il diffuso scetticismo, le elezioni di metà mandato non hanno cambiato le dinamiche di fondo di Capitol Hill. Nonostante il governo di Washington abbia supportato la Cina durante la presidenza Obama, soprattutto in diversi impegni multilaterali - tra cui l'accordo di Parigi e quello sull'Iran – con Trump si è assistito a un’inversione di questa tendenza.

Guardando al futuro, vale la pena sottolineare che l'opinione predominante negli ambienti delle relazioni internazionali ritiene che il presidente Xi vorrebbe evitare una "Trappola di Tucidide " (un termine ampiamente utilizzato per descrivere lo scontro inevitabile tra una potenza economica in ascesa e una potenza egemone) in questo momento di crescita di lungo periodo della Cina.

Ci sono delle prove a sostegno di questa tesi: finora la Cina si è focalizzata su questioni prettamente economiche nelle manovre per contestare le azioni intraprese dagli Stati Uniti e l'amministrazione Xi ha cerato di evitare che le stesse si espandessero ai settori non commerciali.

Nonostante il Presidente Xi si sia espresso duramente nelle recenti dichiarazioni, nelle ultime settimane la Cina ha mostrato una maggiore volontà di impegnarsi con gli USA e ha parlato più apertamente di questioni che non coinvolgono solamente gli Stati Uniti, ma anche altri grandi blocchi commerciali (come la proprietà intellettuale e l'accesso al mercato cinese). Riteniamo che il prossimo Summit del G20 sarà un evento fondamentale a questo proposito e potrebbe portare a discussioni più significative in futuro.

Probabilmente tutte le questioni alla base della spaccatura tra i due blocchi economici più importanti del mondo non verranno risolti immediatamente. Tuttavia, segnali tangibili di riconciliazione avrebbero un impatto significativo sul mercato, soprattutto in considerazione dei timori di una guerra a oltranza, che negli ultimi mesi hanno iniziato ad essere prezzati per gli asset di rischio, come le azioni dei mercati emergenti.

I risultati delle elezioni di metà mandato statunitensi sono positivi per i mercati emergenti

Come abbiamo evidenziato in precedenza, la spaccatura del Congresso, con i Democratici che hanno conquistato la maggioranza alla Camera dei Rappresentanti, è probabilmente un fattore negativo per il dollaro, dato che le possibilità di un ulteriore miglioramento degli stimoli fiscali sono destinate a diminuire. Inoltre, l'attuale configurazione riduce la probabilità di rischi di perdita di fiducia, come l'impeachment e la riforma fiscale, che dovrebbero contribuire a ridurre il clima di incertezza.

Sul fronte geoeconomico anche se il risultato non ha un impatto diretto sulle relazioni USA/Cina, esso potrebbe indirettamente modificare il programma del presidente Trump. È possibile che in futuro sia la politica fiscale che quella monetaria diventino meno favorevoli, aumentando così le probabilità di una maggiore fiducia negativa dovuta all'aumento delle frizioni commerciali. Probabilmente, se i repubblicani avessero conquistato entrambe le camere, l'amministrazione Trump avrebbe potuto assumere una posizione ancora più dura.

Il meeting di novembre della Federal Reserve non ha destato sorprese. Questo dovrebbe ridurre i timori legati ad un possibile atteggiamento più aggressivo da parte della Banca Centrale che hanno dominato le settimane precedenti.

Le misure di stimolo della Cina ora sono visibili ed è probabile che lo slancio della crescita diventi positivo.

Per quanto riguarda l'economia interna della Cina, nelle ultime settimane abbiamo assistito ad un significativo aumento degli stimoli fiscali mirati da parte del governo. Ad esempio, le autorità cinesi hanno incrementato l'utilizzo delle riserve per stabilizzare la valuta. Gli ultimi dati parlano di 120 miliardi di CNY utilizzati, il livello più alto da gennaio 2017. Inoltre, abbiamo assistito ad un significativo “jawboning” verbale da parte di personalità di spicco e ad azioni politiche specifiche volte a stabilizzare il mercato azionario. Ad esempio, c'è stata un'ondata di nazionalizzazione delle società più deboli, che hanno utilizzato le azioni come collaterali e un sostegno governativo diretto al mercato azionario attraverso attività di proxy.

In termini di liquidità, abbiamo assistito a iniezioni sul mercato del repurchase e a iniziative politiche per la fornitura di crediti al settore privato. La politica fiscale è un altro strumento utilizzato dalla Cina e, secondo le stime, ora l’easing è allo stesso livello di quello che abbiamo visto subito dopo la finanziaria globale. Prevediamo che il prossimo anno il deficit fiscale del paese salirà al 3%, rispetto al 2,6% del 2018. In particolare, secondo varie fonti politiche, la riduzione fiscale di 1.300 miliardi di CNY recentemente discussa dal Ministero delle Finanze potrebbe aggiungere 0,29 punti percentuali alla crescita del 2019.

In termini di dati macroeconomici, attualmente il Chinese economic surprise index sta mostrando segni di una maggiore tendenza al rialzo, che è migliorata da -53 all'inizio di quest'anno all’attuale -3. Questo implica che i dati cominciano a destare sorprese rialziste. Gli ultimi dati sulle esportazioni/importazioni sono stati in linea con questa tendenza, anche se si prevede una certa debolezza all'inizio del prossimo anno con l'entrata in vigore delle tariffe doganali.

Complessivamente, riteniamo che il prossimo anno la crescita cinese potrebbe sorprendere al rialzo e le stime di crescita del 6,2% per il 2019 potrebbero dover essere riviste in positivo, dato che l'impatto di varie mosse politiche inizia ad essere visibile nei dati.

Il China surprise index ha registrato una ripresa dopo aver toccato livelli estremamente negativi

China surprise Index

Valutazioni – lo sconto dei mercati emergenti rispetto a quelli sviluppati sembra estremamente ciclico visto il cambiamento dei catalizzatori macroeconomici dei mercati emergenti

Il cambiamento dei catalizzatori che abbiamo citato qui sopra implica che il divario delle valutazioni, che si è creato dopo un torrido 2018 per i mercati emergenti, appare discordante dai fondamentali sottostanti. Riteniamo infatti che il calo massimo delle azioni cinesi rispecchi una crescita pari o superiore a 1 punto percentuale, mentre le misure di stimolo in programma potrebbero aggiungere 0,5-0,6 punti percentuali alla crescita del 2019. La più ampia stabilità della Cina e della sua valuta dovrebbe essere un importante fattore positivo anche per gli altri paesi dell'area dei mercati emergenti, soprattutto perché quelli inclini a rischi idiosincratici - come la Turchia e l'Argentina - mostrano segni di stabilità legati alle recenti azioni politiche.

In termini di valutazioni azionarie dei mercati emergenti, secondo le nostre stime, l’attuale differenziale di rendimento dei dividendi tra le azioni dei mercati emergenti e di quelli sviluppati (circa lo 0,4%) è simile ai livelli di settembre/ottobre 2015, subito dopo lo shock della valuta cinese. A nostro avviso, questo incorpora una significativa quantità di stress. Analogamente, nonostante la crescita più forte e i fondamentali esterni in alcuni mercati emergenti, i differenziali price-to-book sono tanto estremi quanto quelli raggiunti alla fine del 2015/inizio 2016. Anche in questo caso, rivedendo le stime di crescita dei mercati emergenti - che dovrebbero diventare positive nei prossimi mesi (trainate da quelle della Cina) - riteniamo che questo sconto dovrà essere rivalutato anche dal mercato e costituirà uno dei principali driver della potenziale ripresa di questi mercati prevista per la fine dell’anno.

Gli spread in termini di price-to-book tra i mercati emergenti e quelli sviluppati sono ancora preoccupanti

Spread

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