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Saranno i trader del greggio, non l’OPEC, a decidere se il peggio è passato

Pubblicato 27.10.2020, 14:52
Aggiornato 02.09.2020, 08:05

Al Ministro dell’Energia saudita Abdulaziz bin Salman piace inserire una nota umoristica nei discorsi seri quando sente di dover dare un importante messaggio sul greggio.

“Coraggio…”, aveva detto agli orsi del greggio a settembre, citando la famosa battuta di Clint Eastwood con cui l’ispettore più temuto di Hollywood metteva in guardia i cattivi che cercavano di avere la meglio su di lui dalla sventura che sarebbe loro toccata.

Ieri, tuttavia, ha cercato di essere più oggettivo che simpatico quando ha dichiarato che “il peggio è passato”, circa le prospettive sulla domanda di greggio.

Ma un veloce sguardo alla mappa dei consumi di greggio ed a quella dei focolai di coronavirus suggerisce che un nuovo periodo peggiore per la domanda petrolifera è solo all’inizio.

Un mese dopo della stagione di picco estiva, gli Stati Uniti continuano a riportare cali settimanali di greggio, il che, in teoria, è una buona notizia per i tori della materia prima. Ma andando oltre queste notizie ed osservando i dati settimanali della Energy Information Administration si nota il convincente quadro della domanda spinto dalle esportazioni di greggio statunitensi verso una principale area di crescita: la Cina.

Oil Daily

Grafico giornaliero del greggio

Gli Stati Uniti sono ora il quarto maggiore fornitore di greggio della nazione asiatica. Il mercato cinese è diventato quello più grande per il greggio americano. Gli esportatori USA spediscono circa 3 milioni di barili di greggio in media alla settimana e la Cina ne riceve quasi metà a volte.

Gli ultimi dati EIA di settembre rivelano che, a maggio, circa 1,3 milioni di barili di greggio USA sono arrivati in Cina. Ma, malgrado la sua importanza, la Cina non è l’unico mercato per il greggio USA. Le esportazioni in Canada, un altro mercato chiave per il greggio statunitense, sono crollate del 19% nella prima metà dell’anno rispetto allo stesso periodo del 2019. Le esportazioni in Corea del Sud hanno visto un crollo del 27%.

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Performance debole della benzina, crollo del carburante per aerei

E, sebbene le vendite di greggio siano importantissime per qualunque produttore, le altre componenti chiave del mercato petrolifero globale (gasolio e carburante per aerei, che dominano i consumi nel settore dei trasporti su ruota ed in quello dell’aviazione, rispettivamente), stanno mostrando un crollo.

John Kilduff, socio fondatore dell’hedge fund energetico Again Capital a New York, ha riferito ad Investing.com che, sebbene le scorte di benzina siano scese in cinque delle sette settimane a partire dall’inizio di settembre, la domanda reale del combustibile per veicoli a motore si trova al di sotto della norma stagionale:

“Abbiamo visto una nota positiva un paio di settimane fa, quando si è registrata una settimana di domanda quasi normale, con consumi di benzina sopra i nove milioni di barili. Da allora, non ha fatto che scendere. Se si guarda la mappa del COVID-19 si può notare una correlazione tra i focolai e il rosso del prezzo della benzina”.

Il quadro del carburante per aerei è altrettanto cupo, con le speranze che si erano riaccese quando le compagnie aeree USA registravano circa un milione di passeggeri alla settimana prima che i casi di coronavirus ricominciassero ad esplodere negli Stati Uniti, nel Regno Unito, in Francia, Spagna ed Italia.

Aggiunge Kilduff:

“Con la domanda di carburante per aerei che sta già crollando, qualsiasi notizia di lockdown più diffusi in Europa influirà sul greggio”.

Dopo il calo senza precedenti dei viaggi aerei a causa del coronavirus, le compagnie aeree passeggeri vengono costrette a prendere delicate decisioni a lungo termine in un periodo di forte incertezza e flussi di cassa minimi. La domanda di carburante per aerei è considerevolmente inferiore ai consumi di benzina o gasolio. Tuttavia, rappresenta una fetta considerevole del mercato del greggio, nonché un’area che stava crescendo rapidamente prima della pandemia.

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Il mondo ha consumato 8,1 milioni di barili al giorno di carburante per aerei nel dicembre dello scorso anno, l’ultimo mese intero prima che il coronavirus sconvolgesse viaggi e commerci, in base a quanto ha scritto il Wall Street Journal all’inizio del mese, citando Natasha Kaneva, esperta senior di strategie sulle materie prime di JP Morgan.

Questo dicembre, i consumi globali di carburante per aerei ammonteranno a 5,4 milioni di barili al giorno, con una riduzione di un terzo, secondo le stime di Kaneva di JPM. Al contrario, la domanda di benzina dovrebbe riprendersi a 24,6 milioni di barili al giorno, solo il 6% in meno rispetto all’anno scorso.

Doug King, amministratore delegato dell’hedge fund britannico RCMA Capital, ha spiegato al Journal che il mercato del carburante per aerei è “piuttosto malato e probabilmente continuerà ad esserlo”, mentre il mercato del greggio ha “un enorme, lungo ed estenuante problema” che manterrà i prezzi “sulla stessa vecchia strada della perdizione nei prossimi mesi”.

L’OPEC ancora non può ridurre i tagli

Prospettive tanto cupe implicano che il gruppo OPEC+ dei produttori petroliferi mondiali non potrà ridurre i tagli alla produzione nell’immediato futuro. L’Organizzazione dei Paesi Esportatori di petrolio, composta da 13 membri e guidata dal ministro saudita Abdulaziz, ed i suoi 10 alleati capeggiati dalla Russia hanno mantenuto i prezzi del greggio sopra o intorno ai 40 dollari al barile da maggio con dei tagli alla produzione.

Ma, con il greggio USA scambiato sotto i 39 dollari questo martedì, il gruppo esita ad aggiungere altre scorte sul mercato, malgrado l’urgente bisogno dei singoli paesi produttori di pompare e vendere di più per finanziare le loro economie gravate dalla pandemia.

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Il segretario generale dell’OPEC Mohammad Barkindo ha ammesso ieri che una ripresa del mercato del greggio potrebbe impiegare più del previsto a causa del recente aumento dei contagi da COVID-19.

Ma, anche se la maggioranza dell’OPEC dovesse decidere di stringere i denti e non produrre di più, c’è un membro che non potrà essere limitato: la Libia. Lo stato nordafricano, finalmente libero dalla guerra civile che gli aveva impedito di esportare greggio da gennaio, ha aperto al massimo i rubinetti nelle ultime settimane. La produzione libica ora ammonta a 525.000 barili al giorno e potrebbe raggiungere il milione di barili al giorno entro l’inizio del prossimo anno.

L’Iran potrebbe essere un problema per l’OPEC alla fine

Una minaccia più grande della Libia, nonché una che sarà nota solo dopo le elezioni presidenziali USA della prossima settimana, è rappresentata dall’Iran.

Mentre il Presidente Donald Trump ha praticamente soffocato le esportazioni di greggio iraniane con sanzioni anti-nucleari negli ultimi due anni, il suo sfidante alle elezioni del 3 novembre, Joe Biden, potrebbe renderle disponibili se dovesse vincere il posto alla Casa Bianca e riattivasse il patto nucleare con Teheran dell’era Obama che era stato cancellato da Trump.

L’Iran è un membro dell’OPEC. Ma il futuro delle sue esportazioni è qualcosa di cui nessuno nel gruppo desidera discutere pubblicamente a questo punto, data la situazione prematura sulle elezioni statunitensi.

Il Presidente russo Vladimir Putin, una settimana fa, non ha escluso una collaborazione con l’Arabia Saudita per estendere gli attuali tagli dell’OPEC+ di circa 7,7 milioni di barili al giorno.

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A marzo, i due colossi del greggio erano diventati acerrimi rivali per un po’, quando Putin si era rifiutato di supportare Riad sui tagli alla produzione all’apice della pandemia di COVID-19. La conseguente guerra totale sulla produzione tra i due paesi aveva fatto crollare il mercato del greggio USA al minimo storico di -40 dollari al barile a fine aprile, prima che le discussioni mediate dal Presidente Trump riportassero l’OPEC+ ad un accordo.

Ed è stata la riflessione su quanta strada abbia fatto l’alleanza da allora che ha spinto il ministro Abdulaziz ad immaginare ieri che “il peggio sia passato” per il greggio, aggiungendo che l’OPEC resterà “vigilante” come gruppo.

Ma, con il coronavirus che si diffonde a macchia d’olio e l’incognita dell’Iran, una nuova era peggiore potrebbe essere appena iniziata per l’OPEC e per i prezzi del greggio.

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