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Sale rischio per sterlina e aziende in G.B. nella possibilità di una hard Brexit

Pubblicato 06.07.2018, 16:40
Aggiornato 02.09.2020, 08:05
  • Le trattative sulla Brexit rimangono irrisolte mentre si avvicina la scadenza finale
  • Le compagnie britanniche e multinazionali continuano a chiedere chiarezza
  • Riusciranno i politici britannici a trovare un accordo su quello che vogliono ottenere?
  • Con la probabilità di una hard Brexit, la sterlina potrebbe affrontare solo dei rischi rialzisti

Mancano solo poco più di 200 giorni alla prevista uscita ufficiale del Regno Unito dall’Unione Europea e non c’è ancora una vera chiarezza sui dettagli del “divorzio” finale; in questa situazione, la sterlina ha preso una batosta e le aziende di entrambe le parti stanno chiedendo a gran voce dei chiarimenti. L’incertezza continua a salire.

Sebbene si speri che i politici britannici prendano finalmente una decisione in occasione di un vertice questo venerdì, seguito da una presentazione il 9 luglio durante la quale dovrebbero essere rivelati i dettagli - pur assumendo che succederà davvero - i negoziatori dovranno comunque convincere l’UE a procedere con la proposta di accordo.

Il tempo sta per scadere

Il summit di questo ottobre è la data decisa dai negoziatori di entrambe le parti per finalizzare i dettagli in tempo per la Brexit ufficiale del 29 marzo 2019. Se questa tempistica non dovesse essere rispettata, resterebbero solo 15 settimane per elaborare un accordo finale in tempo. Tuttavia, nonostante due anni di “trattative”, il grafico seguente indica quanto ancora debba essere stabilito.

Brexit Settlement Details: What's Done, What's Still Pending

Mostra anche quanti pochi progressi siano stati fatti nel secondo trimestre. Da marzo, il Regno Unito e l’UE sono riusciti a trovarsi d’accordo su altre 2.518 parole della proposta di legge sulla Brexit. Inoltre, il summit UE della scorsa settimana, che in molti avevano sperato potesse essere un vertice chiave per il raggiungimento di un accordo, è finito senza molte indicazioni al riguardo.

Il capo negoziatore dell’UE per la Brexit Michel Barnier ha cercato di trovare una nota positiva nella situazione. “Sulla Brexit abbiamo fatto dei progressi, ma permangono enormi e serie divergenze in particolare sull’Irlanda e sull’Irlanda del Nord”, ha riferito ai giornalisti. Non si tratta proprio di un buon segnale sui progressi. Il Presidente del Consiglio Europeo Donald Tusk è stato meno conciliante: le “questioni più difficili sono ancora irrisolte” e sono necessari dei “rapidi progressi” se si vuole raggiungere un accordo entro ottobre.

Il governo britannico è diviso

L’ultimo e più importante ostacolo non è rappresentato però dai disaccordi bilaterali tra Regno Unito ed UE. Ma piuttosto, ed è forse più sconcertante, la barriera è la divisione che si trova proprio al cuore del governo di Teresa May. Il Primo Ministro britannico deve ancora fare in modo che il suo gabinetto si metta d’accordo su un progetto per i rapporti futuri tra il paese e l’UE. Senza questo elemento chiave, le discussioni con Bruxelles diventano impossibili.

“Vorrei che i nostri amici britannici chiarissero la propria posizione”, ha dichiarato il Presidente della Commissione Europea Jean-Claude Juncker. “Non possiamo andare avanti con un governo diviso; devono dirci cosa vogliono”.

A questo scopo, May incontrerà il suo gabinetto a Chequers, la tenuta di campagna del Primo Ministro, nel corso della giornata, in quello che è stato definito un vertice decisivo durante il quale i politici britannici dovranno mettere da parte le loro divergenze. May intende elaborare durante il vertice un cosiddetto “libro bianco” in cui delineare “più nel dettaglio il tipo di stretta relazione che il Regno Unito vorrebbe avere con l’Unione Europea in futuro”.

May spera di creare un accordo che comprenda lo stare strettamente legati all’unione doganale ed al mercato unico in termini di prodotti, anche se probabilmente non riuscirà ad includere la libertà di movimento per i lavoratori se vorrà placare i favorevoli alla hard Brexit.

Il modello norvegese, che consente un commercio senza restrizioni direttamente tra il mercato scandinavo e lo Spazio Economico Europeo (SEE), è stato scartato dai favorevoli alla Brexit in quanto necessiterebbe l’accettazione di circa il 20% delle norme UE. L’opzione è stata esclusa dalla stessa May all’inizio della settimana. Come suggerito, questo “non rispetterebbe il voto del referendum e il voto dei britannici”, ha riferito al Parlamento britannico lunedì.

Mercoledì, May avrebbe approntato un piano per mantenere il Regno Unito strettamente legato alle norme UE per il commercio. Fonti informate dei fatti hanno riferito a Bloomberg che il piano per i servizi, che rappresentano l’80% dell’economia britannica, consisterebbe nel cercare un mutuo riconoscimento delle regolamentazioni piuttosto che il seguire direttamente le leggi UE.

Le aziende chiedono un intervento

Mentre il tempo stringe e i politici britannici continuano a tentennare, le compagnie che hanno legami con il Regno Unito e/o l’UE hanno chiarito che non c’è più tempo da perdere. La Camera di Commercio britannica (BCC) martedì ha riferito ai politici di smettere di “bisticciare” e di mettere gli interessi economici del paese in primo piano raggiungendo un accordo questo venerdì. L’organizzazione ha avvertito che la pazienza delle compagnie sta “raggiungendo il limite di sopportazione”.

L’opinione della BCC: il governo ha fatto “progressi limitati” su solo due delle 23 questioni che necessitano urgentemente una soluzione in modo che le aziende possano pianificare i loro protocolli commerciali dopo l’uscita del paese dall’UE. La Confederazione delle Industrie britanniche (CBI) e PwC hanno intervistato 100 aziende all’interno del settore finanziario britannico ed hanno scoperto che un terzo delle banche si è detto “non tanto fiducioso” dell’implementazione della Brexit entro marzo.

“La Brexit continua a generare incertezza tra gli operatori del settore, dai più piccoli ai leader del mercato”, ha dichiarato Andrew Kail, a capo dei servizi finanziari di PwC. “La pianificazione delle sedi, il movimento delle persone e il mantenimento dei clienti rimangono in cima all’agenda, malgrado il tempo supplementare garantito dal periodo di transizione”.

Anche il settore automotive ha chiesto una maggiore chiarezza su cosa l’aspetta in futuro. “Regna una crescente frustrazione nelle sale riunioni globali per il lento ritmo delle trattative”, avverte Mike Hawes, a capo della Society of Motor Manufacturers and Traders.

Compagnie europee come Airbus (PA:AIR), Siemens (DE:SIEGn) e BMW (DE:BMWG) hanno alzato la voce avvertendo che una Brexit “dura” danneggerebbe i loro affari, mentre un sondaggio condotto su 800 dirigenti dallo studio legale Baker & McKenzie, pubblicato due anni dopo il referendum del giugno 2016, mostra che quasi metà delle compagnie multinazionali nel blocco UE hanno tagliato gli investimenti nel Regno Unito a causa del clima di incertezza.

In aumento anche le notizie finanziarie secondo cui le aziende stanno spostando i dipendenti da Londra ad altri hub europei come Parigi, Francoforte, Dublino o Amsterdam.

La sterlina è tenuta in ostaggio

Pound Sterling, Net Speculative Positioning 2015-2018

La stessa mancanza di chiarezza pesa sulla sterlina. Gli speculatori forex sono diventati ribassisti sulla moneta per la prima volta in sette mesi (si veda il grafico sopra). In effetti, nel secondo trimestre del 2018, la sterlina ha segnato il calo percentuale peggiore dal voto sulla Brexit.

GBPUSD Weekly

La valuta è crollata di quasi il 5,8% contro il biglietto verde nello scorso trimestre. La coppia EUR/USD ha registrato un tonfo inferiore, del 5,2%, anche se, al contrario della BoE che ha di recente sorpreso i mercati con una prospettiva leggermente più interventista, la BCE li ha invece sorpresi con la cauta decisione di rinviare gli aumenti dei tassi almeno fino all’estate del 2019. Inoltre, la sterlina è scesa di circa lo 0,6% contro la moneta unica nel periodo che va da aprile a giugno.

Anche se i mercati credono ancora che ci possa essere la possibilità di un aumento dei tassi da parte della BoE ad agosto, vista la totale incertezza sui piani britannici per la Brexit, i timori economici stanno dilagando negli scambi della sterlina. Ma questo non dovrebbe sorprendere. La banca centrale britannica ha già avvisato che lo sconvolgimento dei servizi finanziari potrebbe derivare dalla Brexit. In occasione del vertice della Commissione di Politica Finanziaria del 19 giugno, la BoE ha sottolineato “che sono stati fatti progressi, ma che persistono dei rischi materiali”.

Non sorprende quindi che i trader siano restii a comprare la sterlina. Per logica, sia il Regno Unito che l’UE - malgrado la loro lotta politica per assicurarsi di salvare la faccia - dovrebbero preferire il raggiungimento di un qualche accordo che sia vantaggioso per entrambi. Tuttavia, con i politici britannici focalizzati sul riguadagnare la sovranità allontanandosi dal controllo dell’UE e l’Unione che continua a bloccare la “selettività” in modo che gli altri membri del blocco non pensino di stare supportando i costi dell’Unione Europea senza ricevere benefici proficui, la strada per un esito che sia reciprocamente vantaggioso rimane oscura.

Mettendo da parte le speculazioni su un qualche tipo di accordo finale, l’attuale status quo indica chiaramente che non ci sarà alcun accordo, il che significa che una Brexit “dura” e probabilmente confusa rimane tra le opzioni. E a giudicare dalla mancanza di reali progressi negli ultimi due anni, c’è poco da essere ottimisti. È altamente probabile che i mercati se ne siano già resi conto: il crollo del secondo trimestre della sterlina potrebbe indicare proprio questo.

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