Mercoledì gli indici USA hanno chiuso per lo più in rialzo, sulla scia dei test promettenti del vaccino anti-Covid di Pfizer e BioNTech, che fanno sperare di avere un vaccino entro gennaio e attenuano le apprensioni sull’aumento dei nuovi casi negli USA.
I titoli tecnologici hanno toccato un nuovo record. L’S&P500 ha guadagnato lo 0,50%, invece il Dow (-0,30%) è rimasto indietro. Il motivo per cui i rialzi sono stati limitati è che gli investitori non hanno ottenuto ciò che volevano dai verbali della riunione del FOMC. Sembra che, almeno per il momento, i banchieri statunitensi non intendano procedere al controllo della curva dei rendimenti, preferendo limitarsi a migliorare la loro forward guidance, ovvero la comunicazione con i mercati per mantenere il sistema finanziario in buona salute.
Anche se maggiori indicazioni sull’orientamento della banca sono positivi, negli ultimi anni sono stati i mercati a fornire un orientamento alla politica della Fed, verso la situazione cui troviamo oggi. I verbali di mercoledì sono stati quindi come dire a un bambino viziato che non può avere un’altra caramella.
Inoltre, la banca centrale cinese (People’s Bank of China, PBoC) se la sta prendendo comoda, sull’onda dei segnali di ripresa economica, e il governatore Yi sta già parlando di una strategia di “uscita”. Fintantoché i dati rimangono solidi, ciò non dovrebbe turbare gli investitori, che preferiscono veder rialzarsi il gigante dei mercati emergenti. Ma, se ci fosse un rallentamento del miglioramento dei dati, crescerebbero i rischi per il sentiment di mercato.
Comunque sia, per il momento gli investitori continuano a concentrarsi sui dati economici soddisfacenti e sulle speranze per un vaccino.
I dati PMI di ieri hanno mostrato un miglioramento quasi ovunque, ad eccezione di Italia e Svizzera. Stando al rapporto ADP, il mese scorso sono stati creati 2,3 milioni di nuovi posti di lavoro nel settore privato USA, un po’ meno delle attese degli analisti, ma in linea con la cifra che si aspettavano gli investitori.
Il dato sulle buste paga non agricole USA, che sarà diffuso oggi, dovrebbe mostrare che, a giugno, l’economia USA ha creato 3 milioni di nuovi posti di lavoro, ma, in queste circostanze straordinarie, il mercato è più disposto a tollerare divergenze dalle previsioni. Un dato relativamente buono, idealmente superiore ai 2 milioni, dovrebbe pertanto generare ulteriori rialzi per gli asset legati al rischio.
Gli ordini industriali dovrebbero mostrare un balzo intorno al 9% a maggio, a fronte del tonfo del 13% del mese precedente dovuto alle chiusure per il Covid.
Gran parte degli indici azionari asiatici ha seguito la scia positiva dei mercati USA. A Shanghai, la borsa ha guadagnato più dell’1% e l’Hang Seng (+1,48%) è salito nonostante i cambiamenti che minacciano il suo sistema politico e sebbene la sua relazione speciale con gli USA stia andando in pezzi. Sul Nikkei (+0,18%), i rialzi sono stati limitati.
Sul forex, l’USD è rimasto intorno a quota 97 e il rendimento dei decennali USA si è stabilizzato sotto la soglia dello 0,70%.
Gli acquisti sui minimi forniscono all’EUR/USD un discreto supporto sotto 1,12, ma la coppia fa fatica a trovare ulteriore slancio per portarsi oltre quota 1,1250. Le prospettive per l’euro restano positive, sulla scia di dati economici buoni, riapertura delle aziende e in previsione dell’imminente approvazione del pacchetto di salvataggio da 750 miliardi di euro.
Il cable mostra un chiaro andamento da “mean reversion” (ritorno alla media) intorno alla sua media mobile a 100 giorni (1,2385), ma il potenziale al rialzo dovrebbe limitarsi alla media mobile a 200 giorni (1,2690).
Mercoledì l’oro è sceso, dopo il tentativo di sfondare I $1790 all’oncia. Il metallo prezioso si è imbattuto in una decisa barriera di vendite sui massimi prima del livello a $1800 e ha ceduto rapidamente $25. Il mercato, però, è assediato dai tori e i cali di prezzo probabilmente genereranno lunghi tecnici per una nuova spinta verso il difficile obiettivo a $1800. Si osserva un supporto vicino a $1750.
Il greggio WTI ha una presa decisa appena sotto i $40 al barile. I dati dell’EIA riferiti alla scorsa settimana hanno confermato un calo pari a 7 milioni di barili nelle scorte di petrolio USA. Purtroppo l’interesse all’acquisto è frenato dalle crescenti apprensioni per l’aumento dei casi di coronavirus che, si teme, porteranno a una ripresa più lenta del previsto della domanda globale. Probabilmente sopra i $40 continueranno a prevalere i corti tattici.