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Un altro mese di tagli del greggio? I fan dell’oro sembrano più fortunati

Pubblicato 18.03.2019, 13:48
Aggiornato 02.09.2020, 08:05

Tagli, tagli e ancora tagli: ecco quello di cui probabilmente il mercato del greggio sentirà parlare da adesso al vertice di aprile dell’OPEC, con i dati che mostrano che il mondo ha ancora più greggio del necessario e che gli 80 dollari al barile restano uno speranzoso obiettivo saudita malgrado gli 1,2 milioni di barili al giorno, o più, di scorte in eliminazione.

L’oro, invece, sembra avere il suo bel da fare per una posizione più solida da 1.300 dollari l’oncia, con i timori economici globali che si alternano alla crisi della Brexit nello spingere il metallo prezioso come investimento rifugio.

I tagli OPEC continueranno fino a giugno

Prima del vertice ufficiale del 17 aprile a Vienna, i ministri dell’energia dei 15 membri dell’OPEC e dei 10 alleati guidati dalla Russia, noti come OPEC+, si sono ritrovati a Baku, in Azerbaijan, per dire tre cose ai mercati questo fine settimana: che c’è ancora troppo greggio al mondo e che i tagli alla produzione continueranno probabilmente fino a giugno; che le incertezze per le scorte di Iran e Venezuela stanno complicando il riequilibrio dei mercati; e, ultimo ma non meno importante, che potrebbero essere necessari tagli superiori a 1,2 milioni di barili e che i sauditi non saranno gli unici a portare questo fardello.

Dominick Chirichella, direttore del rischio e del trading dell’Energy Management Institute di New York, scrive in una nota del fine settimana:

“La storia dei tagli delle scorte ha superato lo scenario di un potenziale rallentamento della domanda globale nelle ultime settimane, facendo restare gli orsi del greggio nelle retrovie”.

WTI Daily Chart

Sui mercati, ciò significa che il mantra dell’OPEC probabilmente impedirà ai prezzi del greggio di scendere significativamente fino a quando i tori non raggiungeranno il loro obiettivo a breve termine di 60 dollari per il WTI e di 70 dollari per il Brent, malgrado l’ammissione da parte del cartello che la sua ricerca di un mercato in equilibrio è più facile a dirsi che a farsi. La posizione dell’OPEC è ancora più interessante se prende in considerazione la possibilità che la produzione petrolifera statunitense possa in realtà stare scendendo, secondo i dati della scorsa settimana.

Troppa offerta o troppo poca domanda?

Ma l’esubero di greggio - o piuttosto, la deludente domanda di greggio, a seconda dei punti di vista - non è solo una congettura da parte dell’OPEC o di enti come la U.S. Energy Information Administration e la parigina Agenzia Internazionale per l’Energia.

Orbital Insight, compagnia di Palo Alto, in California, che controlla le scorte globali di greggio con una precisione estrema utilizzando i satelliti per esaminare i tetti di 25.000 serbatoi, ha evidenziato un aumento di 84,3 milioni di barili al giorno sul mercato nel corso dell’ultimo anno, malgrado i tagli dell’OPEC. Circa 66 milioni di barili al giorno di questi, o il 78%, sono stati registrati in Cina, che si ritrova alle prese con l’economia peggiore degli ultimi tre decenni.

Sebbene non sia stato sorprendente scoprire aumenti anche negli Stati Uniti, data l’abbondanza di petrolio da scisto che ha sbaragliato il mercato, è stata registrata una crescita delle scorte anche nei paesi OPEC, proprio quelli che tagliano la produzione. E gli Stati Uniti hanno il controllo della produzione in due dei membri più importanti dell’OPEC (Iran e Venezuela) tramite le sanzioni, il che offre al governo Trump, che vuole dei prezzi più bassi, il vantaggio di sorprendere il cartello in qualsiasi momento con decisioni inaspettate.

Secondo i dati di Orbital, l’unico gruppo di paesi con un calo annuo delle scorte di greggio è stato quello dell’OCSE, che comprende le nazioni più ricche del mondo. Ma con le economie europee che rappresentano oltre i due terzi di questo gruppo e dopo aver messo in conto il rallentamento nella regione nell’ultimo anno, sarebbe logico concludere che il calo sia stato dovuto a delle minori importazioni di greggio piuttosto che a dei consumi superiori alle scorte.

L’economia USA non aiuta

Tutto ciò spinge a chiedersi: quanto è ben supportata l’impennata di quasi il 30% di quest’anno del greggio, dal punto di vista dei fondamentali? Dal punto di vista dell’economia statunitense, che sulla scia di Europa e Cina sta lanciando degli avvertimenti di debolezza, la risposta è: “non molto”.

Il dato sul PIL USA del primo trimestre sembra molto debole, con la Federal Reserve di Atlanta che prospetta un tasso di crescita annuo reale di solo lo 0,4%.

Gli analisti di Morgan Stanley la scorsa settimana hanno affermato che gli investitori dovrebbero prepararsi ad una recessione degli utili USA, dopo una crescita del mercato del lavoro quasi in stallo a febbraio.

I tassi dei mutui USA sono inoltre arrivati ai minimi di un anno, con le nubi che incombono sul settore immobiliare, pietra angolare dell’economia del paese, che difficilmente svaniranno presto.

L’unica cosa che gli Stati Uniti hanno a proprio vantaggio è la promessa della Federal Reserve di essere paziente con gli aumenti dei tassi, dando ai titoli di Wall Street, che spesso trainano il greggio, la possibilità di schizzare malgrado l’economia in difficoltà.

L’oro potrebbe avere un piedistallo da 1.300 dollari più solido ora

Gold Daily Chart

Per quanto riguarda l’oro, i future USA, nonché i lingotti, sono tornati al livello chiave di 1.300 dollari venerdì sulla scia delle indicazioni del Premier cinese Li Keqiang che potrebbero esserci maggiori pressioni sull’economia con l’indebolimento dei dati sulla manifattura e l’occupazione USA.

Walter Pehowich, vice presidente esecutivo di Dillon Gage Metals ad Addison, Texas, ha affermato che il calo dell’indice manifatturiero Empire State di New York al di sotto di 10 per il terzo mese consecutivo a marzo è un fattore importante per l’oro.

Gli investitori preferiscono la sicurezza offerta dal metallo anche sulla scia dei dati sul numero delle nuove richieste di sussidio di disoccupazione USA, aumentato più del previsto la scorsa settimana, mentre il calo delle vendite di case nuove a gennaio è stato superiore alle stime.

Afferma Pehowich di Dillon Gage:

“Prevediamo che il prezzo dell’oro torni sopra i 1.300 dollari, spinto dai dati più deboli del previsto sull’indice manifatturiero Empire State”.

“Il metallo giallo sta oscillando al livello di resistenza precedente di 1.304 dollari. Sembra essere un livello importante con il mercato che accelererà o scenderà, a seconda (che) il trend sia in salita o in discesa da questo livello”.

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