Venerdì il re dollaro si è ripreso alla grande, dopo che USA e Cina hanno segnalato la loro intenzione di sedersi al tavolo dei negoziati.
Nel comparto G10, il dollaro neozelandese ha avuto l’andamento peggiore, in calo dello 0,60%, a $0,6740.
Anche la flessione del PMI business di giugno – sceso a 52,8 punti dai 54,4 di maggio – potrebbe spiegare il deprezzamento del kiwi.
Le valute considerate rifugi sicuri hanno resistito piuttosto bene all’improvviso miglioramento della propensione al rischio.
Lo Swissie è sceso solo dello 0,10%, con l’USD/CHF che ha testato il massimo risalente al 15 maggio, pari a 1,0042, mentre lo yen giapponese ha ceduto lo 0,20% e l’USD/JPY è salito a 112,78.
La pubblicazione del rapporto sull’inflazione di giugno negli USA ha dato solo una spinta limitata al biglietto verde, perché gli investitori temono i potenziali effetti negativi sull’inflazione di una guerra commerciale.
L’introduzione di dazi sarebbe una doppia maledizione, perché eserciterebbe pressioni rialziste sull’inflazione nel medio-lungo termine, producendo invece effetti negativi sulla crescita, cosa che potrebbe spingere la Fed ad alzare i tassi in modo meno aggressivo – se non addirittura a fare una pausa nel corso di restringimento.