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Battaglia in Mediobanca: l'uomo più ricco d'Italia all'attacco di un AD di lungo corso

Pubblicato 13.11.2019, 11:05
Aggiornato 13.11.2019, 11:09
Battaglia in Mediobanca: l'uomo più ricco d'Italia all'attacco di un AD di lungo corso

di Silvia Aloisi e Pamela Barbaglia e Stephen Jewkes

MILANO/LONDRA (Reuters) - Uno viene da una famiglia benestante, ha frequentato le migliori scuole di Milano e ha trascorso tutta la sua carriera a orchestrare fusioni e acquisizioni in Mediobanca (MI:MDBI).

L'altro è stato cresciuto in un orfanotrofio ed era troppo povero per andare al liceo, ma a 84 anni è l'uomo più ricco d'Italia, avendo costruito da zero il più grande gruppo di occhialeria del mondo.

Alberto Nagel, 54 anni, CEO di Mediobanca, e Leonardo DelVecchio, che in meno di due mesi è diventato il primo azionista di Piazzetta Cuccia, hanno ingaggiato una battaglia sulla gestione della storica merchant bank che scuote il mondo della finanza italiana.

In gioco c'è il futuro di Mediobanca: secondo il magnate miliardario la banca dovrebbe concentrarsi di più sul proprio business tradizionale dell'investment banking, crescendo tramite acquisizioni, e ridimensionando parallelamente quello del credito al consumo.

Del Vecchio, presidente del produttore di Ray-Ban EssilorLuxottica, ha accumulato a sorpresa una partecipazione del 7% in Mediobanca a metà settembre - informando Nagel dell'operazione solo poche ore prima di renderla pubblica.

La settimana scorsa Del Vecchio ha ulteriormente incrementato la propria quota a poco meno del 10% e, secondo quattro fonti vicine al dossier, ha intenzione di salire ancora, operazione che richiederebbe l'approvazione della Banca centrale europea. Una delle fonti ha detto che punta ad arrivare al 20%.

I portavoce di Del Vecchio non sono stati raggiungibili per commentare.

Una mossa audace, quella di Del Vecchio su Mediobanca, che richiama gli intrighi societari che hanno animato in passato il cosiddetto "salotto buono", il club informale che ha tirato le fila della finanza italiana dal 1945 e che aveva in Mediobanca il suo centro.

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Finora, Del Vecchio ha tenute le carte coperte.

Ma in alcuni brevi commenti, visti da più parti come un'aperta sfida alla strategia di Nagel, il mese scorso ha detto che Mediobanca dovrebbe essere meno dipendente dall'attività di credito al consumo e dal proprio asset più prezioso, la partecipazione in Generali (MI:GASI).

Del Vecchio ha anche detto che Mediobanca resta troppo piccola, dopo aver perso più volte l'occasione di crescere con acquisizioni.

LAMENTELE SU GENERALI

Mediobanca è stata advisor di Del Vecchio nella fusione da 48 miliardi di dollari fra Luxottica (MI:LUX) e Essilor poi il rapporto tra i due si è rapidamente deteriorato.

Una svolta sembra esserci stata l'anno scorso quando Mediobanca, azionista di primo piano dello Ieo, ha bloccato un investimento di 500 milioni di euro che Del Vecchio voleva fare nell'ospedale oncologico attraverso il proprio ente benefico.

L'obiettivo finale dietro alla salita nel capitale di Del Vecchio e alle critiche alla gestione è quello di avere più controllo sul futuro delle Generali, anche attraverso la possibilità di deal transfrontalieri, secondo tre delle fonti vicine alla vicenda.

Del Vecchio ritiene responsabili Nagel e l'AD di Generali Philippe Donnet del cattivo andamento del titolo Generali rispetto a quello di concorrenti come la tedesca Allianz (DE:ALVG) o la francese Axa, hanno detto le fonti.

Del Vecchio, aggiungono, pur essendo favorevole ad un'alleanza con un gruppo straniero, vuole garantire che sia preservata l'italianità di Generali.

Mediobanca è il maggiore azionista di Generali con una quota del 13% del terzo gruppo assicurativo europeo, che rappresenta circa il 30% del risultato operativo della banca. Anche Del Vecchio è azionista di Generali, con una quota del 4,8%.

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Nagel ha respinto le critiche di Del Vecchio e ieri ha detto che continuerà con l'attuale strategia di crescita del risparmio gestito e del credito al consumo nel nuovo piano al 2023.

"SALOTTO BUONO"

Secondo alcuni banchieri Del Vecchio sembra volere un ritorno al "salotto buono" del passato, quando poche famiglie influenti agivano da mediatori di potere della finanza italiana attraverso una rete di partecipazioni incrociate.

"Del Vecchio guarda ai vecchi tempi con un senso dinostalgia", ha detto un banchiere di una banca d'affari globale vicina a Generali. "Ma qual è il senso di tirare indietro le lancette dell'orologio? Mediobanca si è evoluta in una istituzione finanziaria più strutturata e trasparente".

I numeri uno di banche rivali come Banca Mediolanum (MI:BMED), che detiene il 3,3% di Mediobanca e Intesa Sanpaolo (MI:ISP) hanno preso le parti di Nagel.

Nagel, in Mediobanca dal 1991 e AD della banca dal 2008, ha gradualmente eliminato il ruolo storicamente avuto dalla banca come società di partecipazioni finanziarie cedendo, dal 2013, circa 5 miliardi di euro di quote di minoranza detenute nelle maggiori aziende italiane.

Nel frattempo è cresciuto nel risparmio gestito attraverso il lancio di Che Banca! e una serie di acquisizioni di medie dimensioni, e ha potenziato l'attività di consumer banking della banca.

Mediobanca ha anche acquistato la boutique francese MessierMaris & Associes in aprile, un accordo che ha portato i suoi frutti mesi dopo quando la merchant bank ha vinto il mandato di consulenza del proprietario di Peugeot PSA nell'operazione di fusione con Fiat-Chrysler.

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Eppure la critica di Del Vecchio, secondo cui Mediobanca non ha dimensioni adeguate, ha qualche fondamento, secondo alcune fonti bancarie, dato che la banca deve far fronte alla crescente concorrenza nell'investment banking da parte di UniCredit (MI:CRDI), Banca IMI (LON:IMI) di Intesa e dei concorrenti stranieri.

Anche il CEO di UniCredit, Jean Pierre Mustier, sembra aver voluto fare una velata critica all'attuale gestione, dopo aver venduto l'8,4% del capitale di Piazzetta Cuccia la scorsa settimana.

"Mediobanca è stata gestita bene durante la crisi", ha dichiarato in un'intervista al quotidiano la Repubblica. "Ma oggi non è facile fare investment banking in Europa e, come per il resto del settore, occorreranno nuove idee".

(In redazione a Milano Gianluca Semeraro)

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