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La svolta Intesa-Ubi, banche alla riscossa

Pubblicato 10.08.2020, 10:47
Aggiornato 10.08.2020, 09:00
La svolta Intesa-Ubi, banche alla riscossa

Per la prima volta in Europa dalla crisi di Lehman arriva una fusione che non è un salvataggio e neanche un arrocco per salvare il salvabile. Forse è ora di tornare a guardare con meno diffidenza ai titoli bancari

Per sei mesi l’Ops lanciata il 17 febbraio da Banca Intesa (MI:ISP) su UBI e chiusa con pieno successo ad agosto ha tenuto banco nelle cronache finanziarie non solo italiane, ma forse il senso più importante dell’operazione che ha portato la banca guidata da Carlo Messina a scalare diverse posizioni nella classifica delle più grandi banche europee non è stato messo in rilievo come meritava. Quella tra Intesa e Ubi (MI:UBI) è la prima fusione in Europa, e forse non solo, realizzata dalla grande crisi del 2008 in poi, che non è stata un salvataggio, ma l’aggregazione di due istituti più che in salute. Praticamente segna la chiusura di un’era ‘storica’ segnata dalle crisi bancarie e forse l’apertura di una nuova che potrebbe essere segnata dalla crescita e dal ritorno di redditività, una volta chiusa la partita della recessione indotta dal virus. Fusioni e nazionalizzazioni, o un mix delle due, erano state le risposta alle crisi bancarie in America e in Europa, proseguite in alcuni paesi come Spagna e Italia fino a pochissimi anni fa. Tutto sommato anche l’abortita operazione DB-Commerz può essere letta in questo modo, con lo Stato tedesco che sta tentando da anni di uscire dalla seconda banca del paese di cui detiene ancora oltre il 15% dal salvataggio post-Lehman.

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IL RISIKO ITALIANO SI RESTRINGE A 3-4 BANCHE

Anche in Italia tutte le aggregazioni dell’ultimo decennio hanno avuto lo stesso segno, quello del salvataggio di banche travolte dal mix di sofferenze e di mala gestione, come nel caso delle venete finite in pancia alla stessa Intesa, o di MPS (MI:BMPS) che ha richiesto l’intervento dello Stato. Anche la fusione Banco-BPM, sicuramente la più importante del decennio scorso, fu un’operazione ‘difensiva’, con la Popolare milanese che usciva dal devastante scandalo della gestione Ponzellini esploso nel 2012 e il Banco appesantito da un carico elevato di sofferenze ereditate da Popolare di Lodi, tanto da indurre la BCE a imporre un aumento di capitale da 1 miliardo per dare il via libera. L’unione di Intesa e UBI è di segno opposto, i fondamentali sono più che solidi e la preda UBI addirittura puntava prima dell’Ops a fare il pivot per la costruzione del terzo polo bancario italiano. Ora il gioco si restringe a 3-4 banche, con MPS che deve liberarsi dell’azionista Stato ma è ancora alle prese con molti problemi, tra cui le richieste miliardarie di danni della Fondazione per la storia Antonveneta. Poi ci sono Banco-BPM e Bper (MI:EMII). Unicredit (MI:CRDI) per ora si chiama fuori, almeno fino a che al timone c’è Monsieur Mustier...

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** Il presente articolo è stato redatto da FinanciaLounge


Ultimi commenti

Mustier e’ un valido banchiere e Unicredit e’ buona banca.... l’aggregazione arrivera’ anche in tempi brevi!
Mustier non mi piace
Che Unicredit distribuisca dividendi è ancora fantascienza, e se Intesa lanciasse un'opa ostile avrebbe successo.
Si e poi fallisce.
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