Alla ricerca del vecchio bene rifugio. La "febbre dell'oro"

 | 20.02.2020 16:28

La “febbre dell’oro” che ricorda il titolo di un celebre film sulla corsa all’oro e la voglia di rivalsa sociale, diretto ed interpretato dal grande Charlie Chaplin, continua a rappresentare un tema quanto mai attuale. Prima di analizzare graficamente ciò che sta accadendo al metallo giallo, fanno certamente riflettere gli accadimenti che si sono susseguiti da diverso tempo a questa parte.

Differenti banche centrali del Vecchio Continente hanno provveduto, alcune con grande tempestività, al rimpatrio di buona parte delle proprie riserve auree detenute fisicamente nei caveau di banche estere. La Polonia, proprio nei mesi scorsi, ha fatto rientrare quasi 100 tonnellate d’oro dalla Banca centrale d’Inghilterra.

In realtà questi “strani” e, allo stesso tempo, decisamente strategici, movimenti sono iniziati a verificarsi in diversi periodi, tant’è che la Banca centrale d’Olanda, così come quella tedesca, hanno aperto le danze ben prima della Polonia. La Germania, ad esempio, ha fatto rimpatriare ben 300 tonnellate da New York ed altre 300 dal resto dell’Europa. E pensare che in diverse occasioni si è immaginato di vendere oro. Tema dibattuto ormai ciclicamente, soprattutto in Italia, quando ad esempio Romano Prodi e Alberto Quadrio Curzio avevano prospettato di utilizzare le riserve auree per favorire la crescita delle economie del Vecchio Continente attraverso la costituzione di un fondo europeo con l’oro del sistema delle banche centrali.

Aspetti che fanno riflettere, in aggiunta al fatto che alcuni Paesi, vedi Russia e Cina, hanno acquistato importanti quantità del bene rifugio. La Magyar Nemzeti Bank dell’Ungheria, tanto per continuare nella concretezza degli esempi, ha acquistato nel mese di ottobre 2018 ben 28,4 tonnellate d’oro. L’elenco potrebbe continuare.

Tale condizione fa nettamente percepire i contraccolpi relativi alle questioni geopolitiche rispetto ad un sistema globalizzato sostanzialmente in crisi. Al netto delle preoccupazioni e degli scenari macro, conseguenti la situazione in Cina, l’attenzione si deve, a mio avviso, concentrare anche sul tema legato alla implosione di un sistema globalizzato che si sta accartocciando su se stesso, e che vede il continente europeo disattendere i sogni del poeta francese Victor Hugo che sperava e narrava di una Europa in cui tutte le nazioni collaborassero attraverso una unità superiore, senza perdere le identità distinte e le gloriose individualità.

La fotografia plastica della attuale perdità di prestigio e di comunità d'intenti dell’Eurozona è raffigurata dalla odierna debolezza intrinseca della sua moneta, che continua a scendere sul dollaro, dovuta dalla stessa debolezza delle maggiori economie dell’area euro, nonostante i timidissimi segnali di rimbalzo dell'euro ad 1,0816 sul dollaro. Inoltre, i verbali della BCE, relativi alla riunione del gennaio 2020, non brillano di entusiasmo seppur si sottolineano dei primi segnali di stabilizzazione dell'economia.