Quanto durerà la crisi e come approfittarne

 | 05.10.2022 21:56


Mini rally o l’inizio del rimbalzo? Dopo il forte rialzo di luglio e il crollo di agosto e settembre, gli investitori temono un altro fuoco di paglia.

Analizziamo le ragioni per essere positivi e quelle per essere negativi, guardiamo quanto sono durate le crisi in passato e i consigli migliori per intervenire e proviamo, infine, a definire delle strategie di investimento.

La benzina sul fuoco che ha alimentato l’ultimo rally è nota: attese, o forse desiderata, degli investitori di banche centrali più morbide, dati macro Usa in lieve calo, segno che le politiche della Fed stanno centrando l’obiettivo, la necessità di evitare il punto di rottura, oil e materie prime in ripresa e bond che tirano il fiato.

Motivi per essere positivi

Analizziamoli brevemente uno ad uno. Banche centrali più morbide, dopo la Banca d’Inghilterra anche la Banca centrale australiana ha alzato i tassi meno delle attese, quasi a indicare, rialzi sì ma senza fare troppo male all’economia. Ieri è stato il numero uno della Banca centrale francese e membro della Bce, François Villeroy, a dichiarare: “Aumenteremo i tassi di interesse quanto necessario per ridurre l’inflazione core”.
Non è un piccolo dettaglio, parlare di inflazione e inflazione core. In Europa l’inflazione è al 10% quella core, che esclude soprattutto i costi energetici, al 4,8%. I prezzi dell'energia, a breve, nel confronto tra dicembre 2022 su dicembre 2021 dovrebbero quasi azzerare il proprio effetto sull’inflazione.

Finalmente le cattive notizie

Sì, ormai è così da anni, le brutte notizie sono belle notizie in Borsa, perché? Perché le banche centrali potrebbero essere più morbide. E dagli Stati Uniti sono arrivate cattive notizie. L’indice Ism manifatturiero ha segnato un rallentamento paragonabile, per rapidità, al marzo 2020, in pieno Covid. E, ancora, il dato sulle nuove offerte di lavoro ad agosto, sempre in Usa, sono scese a 10,1 milioni in netto calo dagli 11,088 stimati dagli economisti. Dati in calo, è vero, ma anche a livelli non preoccupanti, l’Ism a 50,9 punti e non 52 come atteso, è sempre sopra la soglia dell’espansione e il calo dell’offerte di lavoro porta il rapporto tra offerte di lavoro e persone in cerca di occupazione a 1,7, dal due precedente. Ma è sempre un rallentamento da leggere come l’effetto della dieta imposta dalla Fed all’economia Usa con il rialzo dei tassi, la bilancia indica che qualche kilo di troppo si sta perdendo.

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Il punto di rottura

Nel week end, Credit Suisse ha lasciato i mercati con il fiato sospeso, i cds, ovvero i credit default swap, assicurazioni per coprirsi dal rischio di default della banca, sono schizzati sulle voci di difficoltà a trovare liquidità. Il forte rialzo dei tassi, la minore liquidità sul mercato (si calcolano circa 7mila miliardi in meno a livello mondiale per l’aggregato M2, moneta o quasi moneta, da quanto la Fed ha invertito rotta). A qualcuno, forse un po’ fantasioso, ma con buona memoria, sarà sicuramente riapparso lo spettro Lehman Brothers. Allora la Fed salvò Merril Lynch e lasciò fallire Lehman.

La situazione oggi è sicuramente meno pericolosa e la causa ovviamente diversa, allora legata alla bolla dei mutui subprime, ma il problema è stato l’effetto domino successivo. Molte banche avevano posizioni, derivati, cambi, trading ecc aperte con Lehman e il suo fallimento ha contagiato il sistema finanziario, con quello che poi è successo.

Ora le banche centrali sanno bene che è meglio evitare situazioni simili, anche se in scala ridotta a costo di salvare chi non se lo è meritato.

Situazione meno pericolosa ma molto spiacevole, si stava creando sui fondi pensioni inglesi con il crollo del Gilt, il bond governativo inglese e in pancia con quote copiose nei fondi inglesi, che ha visto l’intervento della Banca d’Inghilterra per sostenere l’obbligazione governativa.

Di fronte a questi casi, i mercati si sono convinti che, un conto è combattere l’inflazione, un altro è scatenare una crisi finanziaria, punto di rottura che appunto le banche centrali non vogliono superare.

Oil

I rumors parlano di un taglio di produzione in discussione all’Opec+ di 2 milioni di barili giorno e non più di un milione. Forte rialzo del greggio che ha portato a un buon rimbalzo di uno dei settori con buon peso sui mercati, quello petrolifero.

Le brutte notizie

Tutto questo può bastare a adombrare per sempre le brutte notizie che hanno portato ai cali che ben conosciamo? Facciamo lo stesso percorso, andiamo a vedere le cattive notizie.

Inflazione alle stelle (10% in Europa), tensioni geopolitiche come non si vedevano da decenni con l’annuncio di annessione dei territori Ucraini alla Russia, tassi in fortissimo rialzo, dollaro schiacciasassi, timori di una recessione alle porte e crisi energetica, mentre i governi cercano di placare il malcontento generale con enormi piani per tagliare le bollette alimentando altra inflazione.

Si, mi sarò dimenticato qualcos’altro ma non importa.

Questa è la situazione mentre, in molti continuano a consigliare di acquistare azioni perché i mercati nel lungo periodo sono sempre saliti. Il problema è che lo consigliano da mesi e in portafoglio le perdite si fanno sentire, fanno molto male per chi non ha finanze infinite! Passiamo con l’analizzare cos’è successo con le crisi passate e infine cerchiamo delle possibili strategie.

Cosa è successo nelle crisi passate

In media, ci insegna Cfo Sim, i cali di Borsa sono durati 11,1 mesi, con le statistiche si accorgevano di una recessione con circa 6 mesi di ritardo e i mercati iniziano la risalita tre mesi prima della fine della recessione. Insomma, facendo i conti, se tutto si dovesse ripresentare come prima, dovremmo riprendere ad acquistare azioni a marzo 2023.

Noi, come moltissimi altri, crediamo che il mondo non si ripresenta sempre uguale a sé stesso e, siamo convinti, che questa crisi sia particolare. Tanti shock, tutti insieme, che non si esauriranno nel breve. Se davvero dobbiamo andare a guardare le statistiche allora dobbiamo farlo bene, ci accorgeremmo che le crisi, non sono mai durate lo stesso tempo (e questo è già di per sé un dato statistico), ognuna è stata differente dalle altre, la più lunga (recente) è quella delle dot.com durata oltre 7 anni, quella, brevissima del Covid, definita spesso a V, solo 4 mesi. Questa sarà ad U.

Siamo andati ad analizzare le ultime maggiori crisi, abbiamo escluso quelle minori.