In Europa orsi di breve termine contro tori di lungo periodo

 | 20.06.2017 23:07

Buongiorno ai lettori di Investing.com,

il mercato azionario europeo è alle prese con un dilemma non da poco: cosa vuole fare da grande? Da un punto di vista fondamentale dubbi ce ne sarebbero pochi:

1. Utili trimestrali in crescita (+25%) ed ai massimi da diversi anni
2. Tassi di interesse bassi e visti non alti nel medio termine
3. Bassa inflazione (core +0,9%), anche nel medio termine
4. BCE accomodante ancora per un tempo indefinito

Tuttavia vorrei soffermarmi su un aspetto che viene correttamente, e quasi sempre, riportato nei commenti dei gestori: cioè quanto il mercato sia a sconto rispetto al resto del mondo.

Se osserviamo il ratio Prezzo/Utili delle 50 più capitalizzate aziende europee che compongono l’indice EUROSTOXX 50, notiamo che a febbraio il forward p/e, cioè il rapporto prezzo/utili sulla stima degli utili dei futuri 12 mesi, era di 12,8%. Notiamo ora che circa 86% dei titoli mostra un valore superiore ad esso. Dei restanti 14%, circa un terzo non prevede di distribuire dividendo.

Cioè al di la di quello che ci dice l’indicatore a livello complessivo c’è una certa disomogeneità nella distribuzione dei dati.

L’idea che verrebbe da farsi è che, forse, il mercato sia un po' caro e che se si facesse un confronto, per esempio, con i paesi emergenti (in media 11%), in particolare con quelli che hanno fatto già molta strada sulla via dell’emersione, la tentazione di non esagerare col peso dell’Europa nei portafogli non è proprio eretica.

Soprattutto se proviamo a inserire nel calderone dell’analisi i rischi (seppur affievoliti) politici di Italia e Germania in autunno, e il peso del debito pubblico di molti paesi che limitano la portata di politiche di bilancio espansive.

Fatte queste considerazioni, invito i lettori a osservare il grafico e scegliere con quale paio di occhiali osservare il mercato (grafico mensile):