Azionario su, dollaro giù perché migliora la propensione al rischio

 | 26.05.2020 11:32

L’azionario asiatico ha guadagnato, con gli investitori che hanno messo da parte le preoccupazioni circa l’escalation delle tensioni fra USA e Cina, puntando invece sul potenziale vaccino anti-Covid proposto dalla società biotech americana Novavax, che ha appena iniziato i test sull’uomo.

Gli indici Nikkei e ASX 200 sono saliti rispettivamente del 2,63% e del 2,32%. L’Hang Seng è rimbalzato dell’1,87% sulla promessa della Cina che la proposta di legge sulla sicurezza nazionale non modificherà la politica “un paese - due sistemi”, cruciale per le aziende internazionali che operano a Hong Kong, e il Composite di Shanghai ha guadagnato lo 0,70%.

Anche i solidi acquisti sui futures dei listini US, britannici ed europei suggeriscono un avvio di seduta molto positivo martedì.

L’indice del dollaro US è scivolato sotto la soglia dei 100 punti, a conferma del miglioramento del sentiment di mercato, anche se le speranze sul vaccino tendono a essere fugaci, per cui incombe il rischio di un improvviso capovolgimento della propensione al rischio.

Mentre le economie riaccendono gradualmente i motori, l’aspetto più importante per gli investitori è il costante calo dei casi di coronavirus. Il rischio maggiore per la ripresa nel medio termine è una seconda ondata di contagi, che potrebbe minacciare le aziende già indebolite. Tutte le altre apprensioni, fra cui quelle per le tensioni fra USA e Cina, passano in secondo piano e non dovrebbero avere un impatto significativo sul miglioramento costante della propensione al rischio.

Lo yen è in calo per il terzo giorno di contrattazioni e il franco svizzero è stabile vicino a quota 0,97 contro il biglietto verde.

Intanto, per proteggersi dal rischio di un improvviso tracollo della propensione al rischio, i trader dell’oro hanno una presa ferma vicino ai $1725 all’oncia. Gli ultimi sviluppi fra USA e Cina potrebbero mettere a repentaglio i recenti progressi degli asset rischiosi e far convogliare di nuovo capitali verso l’oro. Se il mercato dimostrasse resilienza rispetto alle minacce insite nelle schermaglie sino-americane, l’oro potrebbe però cedere alle pressioni delle vendite sui massimi e retrocedere verso l’area dei 1750/1680 dollari.

Nel frattempo, sia l’euro sia la sterlina traggono vantaggio dall’indebolimento dell’USD e stanno recuperando parte delle perdite recenti.

L’indice Gfk sul clima fra i consumatori tedeschi per il mese di giugno, pubblicato stamattina, è risultato lievemente inferiore alle previsioni, ma il calo di riflesso dell’euro è stato quasi impercettibile. La moneta unica è in grado di sfondare il livello a 1,0932, la resistenza che corrisponde alla media mobile a 100 giorni, ma la battaglia contro le offerte a 1,10 sarà feroce, perché la media mobile a 200 giorni è un solido innesco per le vendite ormai da marzo. L’euro, poi, è un rifugio meno allettante per gli investitori che non amano il rischio, soprattutto alla luce delle controversie in seno all’UE circa la dotazione e la struttura del pacchetto di stimoli fiscali per far fronte al rallentamento economico provocato dal coronavirus, e della potenziale diminuzione della potenza di fuoco della Banca Centrale Europea (BCE) nel fare da rete di sicurezza se non si arrivasse a un compromesso con i quattro paesi cosiddetti “frugali”. La moneta unica dovrebbe restare fragile prima del livello a 1,10, in vista della relazione sulla Stabilità Finanziaria della BCE di oggi e del discorso di Christine Lagarde mercoledì.

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Dal canto suo, la sterlina ha superato quota 1,2220 contro l’USD, dopo che gli acquirenti hanno trovato solide fondamenta nei pressi dell’area 1,2170/1,2160. Nel frattempo, sta passando la rabbia per gli spostamenti a lunga distanza di Dominic Cummings, che ha così violato le regole del lockdown per frenare la diffusione del coronavirus. Anche se controverso fra i Conservatori, il caso Cummings non avrà un ulteriore impatto sul corso della sterlina, a patto che il supporto di Johnson nei confronti di Cummings non sia fonte di guai più grossi, cosa di cui dubitiamo. C’è spazio per un ulteriore recupero del cable, fino a 1,2300/1,2355 (resistenza della scorsa settimana / media mobile a 50 giorni), ma sopra quest’area le offerte si avvertiranno con maggiore intensità.

Infine, il greggio WTI si prepara a testare il livello dei $35 al barile sull’onda dell’ottimismo per la riapertura delle aziende a livello mondiale, che dovrebbe spingere la domanda di base di energia, e anche dopo la notizia che la Russia ha tagliato la sua produzione di petrolio, raggiungendo quasi l’obiettivo degli 8,5 milioni di barili al giorno a maggio e giugno, dopo aver concordato, contro voglia, con gli altri paesi OPEC+, di tagliare le forniture. Le prospettive di un recupero sostenibile della domanda a livello globale e del calo dell’offerta dovrebbero continuare a sostenere i prezzi del petrolio, anche se il livello a $40 probabilmente frenerà il potenziale al rialzo, considerando le crescenti incertezze sulle relazioni commerciali fra USA e Cina.

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