Bulls and Bears in the bond market

 | 30.05.2019 16:18


Siamo soliti attribuire le espressioni Bull and Bear ai mercati azionari. Eppure, mai come questo periodo esse sono sempre più usate nel mercato dei bond in cui stiamo assistendo ad una vera e propria diatriba tra i vari operatori.

Potremmo dire che il mercato è spaccato a metà. Le view tra gestori e strategyst sono molto differenti tra loro. La diatriba riguarda principalmente due temi:

- Il tema dell’obiettivo di fine anno dei tassi impliciti dei Treasury
- Il tema dei bond High yield.

Sul primo punto la spaccatura riguarda il futuro trend dei tassi legati alle attese sulle future mosse della Fed, ai dati macro e agli sviluppi del conflitto tra USA e Cina. E cosi, i Bulls sui Treasury, quelli che ritengono altamente probabile assistere ad un rendimento del 2% nel medio periodo, si aggrappano a diverse argomentazioni alcune delle quali spunto di ulteriori approfondimenti. In primo luogo, essi ritengono che l’obiettivo del 2% sia facilmente raggiungibile per motivazioni di tipo tecnico.

La recente corsa ai beni rifugio che si è tradotta nell’acquisto dei bond dei paesi sviluppati è un primo driver della discesa dei rendimenti. Effetto secondario di questo processo sono gli ulteriori acquisti legati all’attività di ri-negoziazione dei prestiti nel mercato dei mutui. Il progressivo contrarsi dei rendimenti nella parte a lunga della curva porta gli operatori del mercato dei mutui a rinegoziare i prestiti a condizioni migliori. Tale processo, a sua volta, porta all’acquisto di ulteriori Treasury da parte della controparte bancaria.

I Bulls sul mercato dei Bond fondano la propria view anche sul progressivo indebolimento della congiuntura mondiale legato agli effetti distruttivi del protrarsi della guerra commerciale in corso (vedi report di preapertura di ieri). Questa branca del mercato, che vede allineate case quali Morgan Stanley (NYSE:MS), Bank of America e Antares Capital, quindi, è quella che vede il bicchiere mezzo vuoto e che ritiene altamente probabile che la Fed possa procedere a tagliare i tassi già quest’anno ed il prossimo anno.

Diversa è la posizione dei Bears sul mercato dei Treasury. Strategyst e gestori che ritengono probabile assistere ad una salita dei rendimenti dei treasury anche al 3% per fine anno sono altrettanto numerosi. Aberdeen Asset management, ad esempio, ritiene che sia giunto il momento di vendere i Treasuries ed acquistare i titoli di stato Cinesi per beneficiare dell’introduzione di ulteriori misure di stimolo da parte della PBOC. Della stessa view Citigroup e Wellsfargo che ritengono che i tassi dei Treasuries potrebbero andare al 2.75% per la fine del 2019. A supporto della loro tesi è un quadro macro ancora “resilient” in USA caratterizzato da una disoccupazione ai minimi degli ultimi 50 anni, una crescita del PIL del primo trimestre superiore alle attese ed una reporting season del primo trimestre soddisfacente.

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Da queste considerazioni si deduce che nei prossimi mesi lo sviluppo della guerra commerciale USA-CINA e l’andamento dei dati macro acquisiranno un’importanza elevatissima. Il prossimo dato macro “price sensitive” sarà la pubblicazione dell’ISM manifatturiero previsto per fine mese. Una lettura sotto 50 (al momento non prevista dagli analisti) potrebbe portare i rendimenti dei Treasuries a scendere vistosamente, al contrario, una lettura superiore alle attese spingerebbe alle prese di profitto sui beni rifugio e ridarebbe smalto alle borse.

C’è poi la seconda questione dibattuta, quella dei bond High Yield. Anche su tale punto le visioni sono molto divergenti. Chi, come Pimco, vede il bicchiere mezzo vuoto, si concentra su quattro aspetti:

- L’elevato livello della leva finanziaria aziendale
- La lunga durata dei prestiti e dei bond
- La bassa qualità degli emittenti
- L’assenza di liquidità sul mercato.
Questi sono temi di cui si parla ormai da anni sul mercato. Fino ad ora sono stati ignorati per la fame-necessità di rendimenti. Vero anche che un pattern simile si è registrato nel 2005-2006.. e sappiamo poi tutti come è andata a finire negli anni successivi. Pimco arriva a definire questo periodo come “the age of disruption”, secondo questa società di gestione, i “bei tempi” sarebbero ormai arrivati al termine e all’orizzonte si paventerebbe un periodo di elevati rischi e volatilità per il mercato dei corporate bond, soprattutto per quello degli High Yield.

Se seguiamo gli ultimi flussi sugli ETF verrebbe da dire che in molti hanno seguito le parole di Dan Ivascyn, Ceo di Pimco.