Caos banche: VIX e mercati azionari ci confermano che non è come il 2008

 | 06.04.2023 08:21

Caos banche: perché è il mercato a dirci che non è la stessa situazione del 2008.

Nell`ultimo mese, sui mercati azionari globali ha tenuto banco un caso in particolare: la crisi delle banche regionali americane e la situazione Credit Suisse.
La situazione non è paragonabile a quanto verificatosi nel 2008 e i mercati azionari globali e l`indice VIX sembrano confermarlo, scopriamo il perché.

Quanto alle banche regionali americane (Silicon Valley Bank, Signature Bank, Silvergate Bank…), il loro fallimento è sostanzialmente legato a 2 fattori in particolare:

1. incremento repentino dei tassi di interesse da parte della FED che ha ridotto il valore delle obbligazioni, in particolare quelle a duration più elevate;
 2. mancata/insufficiente copertura del rischio tasso delle poste in bilancio da parte del management delle banche.

In effetti, le suddette banche hanno investito in titoli di stato a lungo termine che, a seguito del rialzo dei tassi, si sono deprezzati in maniera significativa. Quando i depositanti (principalmente start-up) hanno deciso di prelevare all`unisono risorse finanziarie dai loro conti in banca per ovviare al maggiore costo dell`indebitamento, le banche hanno dovuto liquidare le loro attività a prezzi considerevolmente più bassi rispetto a quelli di acquisto per garantire ai depositanti la liquidità.

Ma allora perché fino a questo momento non era emerso nulla?

I principi contabili americani concedono l`iscrizione in bilancio delle attività “Held to Maturity” (“da detenere fino a scadenza”) al loro costo storico: in sostanza un`obbligazione acquistata a 100, anche se subisce un deprezzamento e vale meno, sarà presente in bilancio sempre al valore di 100 , di fatto “nascondendo” la perdita effettiva della banca. Tuttavia, il meccanismo funziona se sono state realizzate le opportune coperture dei rischi e fino a che non si verificano fenomeni di corsa agli sportelli, durante i quali le banche devono necessariamente vendere le loro attività ai prezzi “reali” cioè di mercato, subendo delle importanti minusvalenze, per garantire ai depositanti il ritiro dei loro capitali.  Come da manuale di gestione e controllo dei rischi, le banche di tutto il mondo sono chiamate a coprirsi dai rischi tra cui quello di tasso.

Negoziare derivati per la copertura di rischi implica inevitabilmente dei costi aggiuntivi che incidono sul conto economico delle banche che, ricordiamocelo, sono imprese con obiettivi di profitto.

Quanto alla questione Credit Suisse, la banca è stata più volte accusata e condannata per condotte illecite che la avevano già fatta sprofondare nel baratro. Tuttavia, a seguito dell`ingresso nel capitale di rischio da parte di Saudi National Bank, la situazione sembrava fosse in netto miglioramento fino a che il presidente della SNB non ha dichiarato la sua indisponibilità ad immettere nuovo capitale nella banca per far fronte a ulteriori perdite. Ciò ha innescato una corsa agli sportelli, già in atto negli anni precedenti che hanno visto massicci deflussi di denaro dalla banca svizzera. Chiaramente la questione delle banche americane, verificatasi pochi giorni prima, ha contribuito ad alimentare il fenomeno di bank-run che ha poi portato definitivamente al controverso “deal” UBS-Credit Suisse.

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Ma quindi cosa c`è di diverso dalla crisi del 2008?

MOLTO, e a dircelo è il mercato.

Nel 2008 il catalizzatore della crisi finanziaria è stato l`eccessivo grado di innovazione delle pratiche finanziarie e dei prodotti finanziari che venivano collocati ai risparmiatori. Tale innovazione si identificava nei cosiddetti strumenti finanziari cartolarizzati che al loro interno comprendevano parti di Mutui Subprime, ossia mutui rischiosi, che venivano venduti ai risparmiatori come prodotti “sicuri”, alimentando sempre di più la bolla prima immobiliare e poi finanziaria.
Ecco dunque che la vera radice della crisi finanziaria del 2008 è stata l`impossibilità di comprendere effettivamente il rischio insito negli strumenti cartolarizzati. D`altronde, in finanza, la storia e l`esperienza la fanno da padrone e la composizione di quel tipo di strumenti era particolarmente complessa e poco trasparente.
Capiamo dunque che, nel caso attuale, i sottostanti finanziari non sono altro che dei semplici titoli di stato a lungo termine, tra l`altro americani e quindi i più sicuri del mondo insieme ai titoli governativi tedeschi. Non c`è un problema di difficoltà di valutazione di prodotti finanziari e, aspetto non di poco conto, il sistema finanziario internazionale è nettamente più solido rispetto a 15 anni fa. Non fosse altro che per il principio di cui sopra, secondo cui in finanza la storia insegna e la crisi del 2008 non ha fatto altro che inasprire la supervisione sull`intero sistema economico-finanziario come riportato dalle riforme agli Accordi di Basilea.
Piuttosto, il caso in questione è la dimostrazione di come certe dinamiche di mercato possano avere ripercussioni più o meno importanti, se sottovalutate o peggio ancora trascurate. Per dinamiche di mercato ci si riferisce al rischio tasso e agli effetti dei fenomeni di bank-run, causati dalla progressiva perdita di fiducia nel sistema bancario, che possono trasformare la crisi di liquidità di un istituto bancario in fallimento.

A confermare quanto finora affermato in merito al caos bancario dell`ultimo mese, interessante è stata la reazione dei mercati non solo azionari ma anche delle opzioni e in particolare del VIX.

Partendo dai mercati azionari globali, i listini, complici le iniezioni di liquidità nel sistema e le letture dei dati sull`inflazione e sul mercato del lavoro incoraggianti, mostrano le seguenti performance: EuroStoxx 50 +13,30%; Ftse Mib +13,33%; S&P 500 + 6,53%; Nasdaq +14,62%; Msci World +7,46%.

Gli operatori sembrano avvalorare la tesi secondo cui le banche, in particolare quelle sistemiche quali Bank Of America o JP Morgan (NYSE:JPM) ( per intenderci non le banche regionali) sono più solide e sane anche rispetto a 15 anni fa. Inoltre i mercati hanno evidentemente scontato anche le parole e gli interventi dei banchieri centrali, orientati prima di tutto alla salvaguardia della stabilità del sistema finanziario.

Tuttavia, lo spunto più interessante ci viene fornito dall`andamento dell`indice VIX, conosciuto come “indice della paura” poiché per come è costruito (volatilità implicita delle opzioni), sopra certi livelli segnala momenti di “panic”.

Per convenzione, un indice VIX tra i 25 e i 30 è indicativo di un momento di nervosismo del mercato e in effetti nel 2020 in piena pandemia l`indice in questione ha raggiunto e superato di poco i 53 punti. Quello che più ci dà un`idea della percezione del mercato dello scenario attuale in relazione a quello del 2008 è che il VIX è attualmente si trova intorno ai 19 punti a fronte dei 60 raggiunti nella crisi del 2008.

Infine, è eloquente l`andamento del VIX dal periodo clou del caos delle banche regionali e di Credit Suisse ad oggi: è passato dai 20,46 punti ai 19, con una riduzione di circa il 6,7%, grazie al pronto intervento delle Banche Centrali e alla migliore comprensione delle dinamiche alla base degli eventi.
Parliamo di un livello inferiore anche solo alla metà di quello raggiunto del 2008. Nessuno è in grado di prevedere i mercati o gli sviluppi macro e microeconomici nel breve periodo, tuttavia un`analisi accurata di indicatori e fasi di mercato può darci interessanti spunti di riflessione.