Michael Ashton | 20.04.2023 16:44
Dobbiamo preoccuparci per la fine del predominio del dollaro USA nei commerci internazionali (la cosiddetta de-dollarizzazione della finanza globale)?
Si parla molto del fatto che Cina e Russia portino avanti degli sforzi per instaurare lo yuan cinese come valuta alternativa e di come questo possa segnare la fine del dominio del dollaro.
Cosa succederebbe se, domani, il dollaro perdesse il suo status di valuta di riserva mondiale?
Una cosa che non cambierebbe sarebbe il numero di dollari in circolazione. È un numero su cui la Federal Reserve esercita un certo controllo. I titolari di dollari non hanno alcun controllo sulla quantità di denaro in circolazione! Se ad A non piace possedere dollari, può venderli, ma deve venderli a B, che poi li possiederà.
Un’altra cosa che non cambierebbe immediatamente è la quantità di riserve di dollari posseduta da ogni paese. Di tanto in tanto, la gente si preoccupa che “la Cina venderà tutti i suoi dollari”. Ma la Cina li ha avuti perché ci vende più roba di quella che le vendiamo, per questo accumula dollari nel corso del tempo. Come fa a liberarsi dei suoi dollari? Le opzioni sono piuttosto limitate:
Supponendo che la Cina scelga l’opzione 3, renderebbe l’industria statunitense molto più competitiva in tutto il mondo contro tutte le valute che la nazione asiatica sta comprando. I compratori esteri di prodotti statunitensi potrebbero comprarli ad un prezzo molto più conveniente. Causerebbe molta più inflazione negli Stati Uniti, ma ci vorrebbe un calo enorme del dollaro per far aumentare drasticamente l’inflazione USA, dal momento che i commerci esteri rappresentano una parte molto più piccola dell’economia statunitense, rispetto a molte altre nazioni.
Un dollaro molto più debole, che farebbe scendere i prezzi statunitensi per i clienti non-USA, contribuirebbe a bilanciare il deficit commerciale USA. Urrà!
La tendenza verso un equilibrio del deficit commerciale avrebbe conseguenze secondarie. Quando il governo USA ha un deficit fiscale, prende in prestito essenzialmente da due parti: risparmiatori nazionali e risparmiatori esteri. Gli stranieri, avendo un surplus di dollari (dal momento che hanno surplus nei nostri confronti), comprano buoni del Tesoro, tra le altre cose.
Se il deficit commerciale scendesse drasticamente, scenderebbe anche la domanda estera di Treasury. Ciò, a sua volta, causerebbe tassi di interesse più alti, che sarebbero necessari per indurre i risparmiatori nazionali a comprare più buoni del Tesoro. O, se i risparmiatori nazionali non dovessero esserne all’altezza, all’ultimo minuto potrebbe intervenire… proprio la Federal Reserve, che potrebbe comprare questi bond con denaro stampato. E questo sarebbe un esito decisamente negativo.
Ora, uno di questi elementi causerebbe il collasso del sistema americano o metterebbe fine all’egemonia statunitense? No. Se i policymaker risponderanno ad un simile evento rifiutandosi di rimettere i conti in ordine, allora le cose potrebbero mettersi male. Ma sarebbe difficile dare la colpa di questo esito alla fine del dollaro come mezzo di commercio internazionale: sarebbe più da attribuire al fallimento dei policymaker.
In ultima analisi, è difficile scartare l’idea che un risultato buono o cattivo per economia e inflazione negli Stati Uniti non dipenda principalmente, in un modo o nell’altro, dalle decisioni di politica interna. Il predominio del sistema economico statunitense è …fortunatamente o sfortunatamente … nelle nostre mani, non in quelle di attori stranieri.
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