Con il freddo dell'autunno fioccano i dividendi. Ecco 4 titoli interessanti

 | 19.10.2021 10:07


Lo scorso luglio, la BCE ha comunicato la decisione di non "dilatare" oltre il 30 settembre 2021 la propria "raccomandazione" (presa a marzo 2020) di limitare i dividendi e il riacquisto di azioni proprie perchè le proiezioni macro-economiche confermavano un certo "recupero" dell’economia.


L'annuncio della rimozione del blocco sui dividendi delle banche europee era stato già anticipato in Parlamento europeo da Christine Lagarde (Presidente della Bce), intervenuta durante le raccomandazioni dell'European Systemic Risk Board sulle restrizioni dei dividendi e buyback, parlando dell'aumento dell'esposizione delle banche nel 2020 e nel 2021 su asset diversi grazie alle condizioni di credito favorevoli; sottolineado che il 70% delle esposizioni creditizie verso imprese soggette a rischi climatici e quelle verso imprese ad alte emissioni che occupano il 14% dei bilianci bancari erano nei portafogli di poche banche; da Andrea Enria (Presidente della Vigilanza sulle banche europee) che prevedeva di abrogare la raccomandazione, di non distribuire dividendi o farlo rispettando un tetto massimo, alla fine del terzo trimestre del 2021.

Argomento esaminato anche settimana scorsa dalla Vigilanza bancaria che ha espresso preoccupazioni per i bilanci degli istituti di credito europei mettendoli in guardia dalle insolvenze delle aziende, sui prestiti che stanno cominciando ad aumentare, con un lieve impatto sulla liquidità. Non solo, la BCE effettuerà fra l'inizio del nuovo anno e luglio 2022 i suoi primi stress-test per valutare l'esposizione del settore finanziario ai disastri naturali e alla transizione ecologica con l'obiettivo di identificare le eventuali sfide da affrontare per il "cambiamento climatico", come l'aumento del prezzo dell'anidride carbonica, ed avere un ruolo sempre più centrale nell'ambito della sostenibilità.

Il settore finanziario sarà quello che contribuirà più di altri nella crescita degli utili alla fine di questo 2021?

Il Npe ratio (rapporto tra crediti deteriorati Npl e Utp e totale di quelli erogati) è di poco inferiore al 5%, cioè il livello minimo degli ultimi 11 anni (e sotto il livello target stabilito dalla Bce) per poi avere un possibile rialzo al 5,9% nei prossimi anni soprattutto perché, con la fine delle moratorie e il tasso di default, dovrebbe crescere almeno al 3% rispetto all’1,4% del 2021 (e all'1,1% rispetto al 2019), ma si pensa che rimarrà comunque lontano dal 4,5% del 2013.

Il tasso di copertura (coverage ratio), il Non Performing Loans (il rapporto tra le modifiche del valore sui crediti e la consistenza dei prestiti deteriorati) è diminuito dal 52,4% al 51,2%, a seguito della cessione di crediti deteriorati nel 2020 e l’incidenza dei prestiti deteriorati è pari al 2% (rispetto al 1,5% stabilito per le banche sottoposte alla Vigilanza della BCE). Tra il 2022 e il 2023 si stimano vendite per 80 miliardi di euro sugli Npl, e meno di 20 miliardi per gli Utp. Il common equity tier1 (CET 1) delle banche nel primo trimestre di quest’anno era pari al 15,5% del risk wighted assets (ed è rimasto tale).

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Nel 2021 il settore dei service è cresciuto con ricavi del 21% e del 35% per gli investimenti, con una crescita stimata del fatturato del 6%. Infatti nel 2020 gestivano più di 300 miliardi di euro di crediti deteriorati, e dal 2015 a settembre 2021 hanno acquistato 80 miliardi di euro di volumi.

Vi sono buoni motivi per essere ottimisti (nonostante alcuni dati poco positivi) sulle prospettive del rischio di credito, se la ripresa proseguirà ai ritmi del 2021. In definitiva la distanza tra gli altri istituti italiani e quelli europei sembra essersi assottigliata e in un ambiente in cui l'aumento dei tassi di interesse è sempre dietro l'angolo è giusto privilegiare, con partecipazioni di lungo termini, le banche che sono solite sovraperformare?