Condensati: l’ultimo piano della Russia per eludere le quote di produzione OPEC

 | 21.11.2019 15:14

La versione originale di questo articolo, in inglese, è stata pubblicata il giorno 21.11.2019

La Russia ha trovato una nuova scusa per non rispettare la quota di produzione prevista dall’OPEC+: i condensati. Secondo Reuters, i condensati possono essere definiti in senso ampio come “qualsiasi tipo di greggio che si condensa in un liquido prima di essere liberato dai pozzi ad alta pressione”. In condizioni di alta pressione, esiste sotto forma di gas ma, quando la pressione viene allentata, assume forma liquida.

Ieri, il Ministro del Petrolio russo Alexander Novak ha spiegato perché i condensati di gas dovrebbero essere esentati dalle quote di produzione concordate nella Dichiarazione di Cooperazione dell’OPEC+. Secondo Novak, la Russia avrebbe numerosi nuovi giacimenti di gas nell’Artico che saranno attivati e di conseguenza la produzione di condensati di gas probabilmente si espanderà, rendendo sempre più difficile rispettare i termini dell’accordo sulla produzione.

In altre parole, il secondo produttore di greggio al mondo sta cercando di ridefinire i termini dell’accordo OPEC+ sulla limitazione della produzione.

Ovviamente, anche senza la questione dei condensati, la Russia non ha rispettato i tagli alla produzione esistenti. Sebbene al paese sia stato richiesto di tagliare la produzione di 230.000 barili al giorno dai livelli dell’ottobre 2018 di 11,42 milioni di barili al giorno, la Russia ha prodotto 11,56 milioni di barili al giorno l’ottobre scorso.

I condensati di gas dovrebbero essere esentati dalle quote di produzione dell’OPEC+? E, in questo caso, quale potrebbe essere la reazione degli altri produttori?

Identificazione dei condensati: riduzione della scala, norme in cambiamento

Nel 2014 la statunitense EIA ha ridimensionato la definizione di condensati in quanto i pozzi del fracking ne stavano producendo molto. Negli Stati Uniti, l’ente regolatore opera una distinzione in base a come viene prodotto il materiale: se viene lavorato presso la testa pozzo (il cosiddetto “lease condensate”) o presso impianti di lavorazione del gas naturale (“plant condensate”).

Generalmente, il settore del petrolio definisce un condensato come avente una gravità specifica (scala API) compresa tra 50 e 120 gradi, sebbene in molti lo caratterizzino in modo molto meno restrittivo, come un idrocarburo liquido con API di 45 gradi o più. Nel 1989, l’OPEC ha deciso di definire il condensato come un idrocarburo liquido con API di 50 o superiore. I condensati superiori ai 50 gradi sono esentati dai tagli dell’OPEC+.

La Russia non ha specificato il grado del condensato di gas dei suoi nuovi giacimenti di GNL, il che fa sospettare che, se ne fosse a conoscenza, probabilmente sarebbe meno di 50 gradi. Se l’OPEC+ decidesse di eliminare del tutto la distinzione dell’API, o persino di adottare una definizione meno limitante dei condensati (ad esempio una che li classifichi come idrocarburi liquidi con API di 45 o superiore), la Russia non sarebbe il solo paese a beneficiarne.

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