Ellen R Wald PhD | 04.10.2018 15:32
La versione originale di questo articolo, in inglese, è stata pubblicata il 04.10.2018
Al momento, i due principali fattori che influiscono sul mercato del greggio sono la paura e la speculazione basata sulla paura. La paura è che a un certo punto nei prossimi mesi non ci sarà abbastanza greggio disponibile sul mercato globale da soddisfare pienamente la domanda dei clienti. La speculazione è che questa paura possa spingere i prezzi del greggio a numeri a tripla cifra . Ma questi timori corrispondono alla realtà?
Gli hedge fund e le principali agenzie di aspettano che Stati Uniti, Arabia Saudita, EAU, Iraq, Kuwait e Russia non saranno in grado di produrre ed esportare abbastanza barili di greggio da compensare il calo della produzione e dell’esportazione da parte di Venezuela ed Iran nei prossimi mesi. Queste posizioni hanno spinto il Brent di riferimento a schizzare del 4,82% ed il WTI a rimbalzare del 5% sugli ultimi sette giorni.
Il timore di questo ipotetico squilibrio tra scorte e domande sta prevalendo sulle indicazioni dei fondamentali secondo cui il mercato del greggio è ben equilibrato al momento e ci saranno scorte sufficienti a soddisfare la domanda. Platts ha riportato che il ministro del petrolio saudita Khalid al Falih ha riferito ai partecipanti al Russia Energy Week Forum questa settimana che “non c’è un solo cliente che abbia richiesto un barile da giugno che non sia stato soddisfatto”. Può anche essere vero, ma il prezzo del Brent è schizzato del 10% dall’inizio di luglio, segnale che il mercato è controllato soprattutto da speculazione e paura, piuttosto che da scorte e domanda.
Gli ultimi commenti del Presidente USA Donald Trump diretti prezzo della benzina negli Stati Uniti è vicino ai 3 dollari al gallone e avrà ancora modo di salire da adesso alle elezioni di metà mandato.
Per quanto riguarda le scorte, la verità è che Arabia Saudita e Russia stanno consegnando e lo stanno dicendo, ma il mercato sembra ignorarli. L’OPEC e i partner non-OPEC possono anche non aver formalmente indicato la garanzia di un aumento della produzione petrolifera in occasione dell’ultimo vertice svoltosi a settembre ma, in realtà, i grandi produttori stanno cambiando le carte in tavola.
Khalid al Falih ieri mattina ha annunciato che la produzione di ottobre dell’Arabia Saudita è già salita a 10,7 milioni di barili al giorno. Ciò riflette un aumento di 200.000-300.000 barili al giorno rispetto a settembre.
Allo stesso modo, la Russia ha annunciato che la sua produzione è salita di 150.000 barili al giorno a settembre e Vladimir Putin ha affermato che il paese potrebbe alzare la produzione di altri 300.000 barili al giorno.
Ci sono anche segnali che Arabia Saudita, Kuwait e Chevron (NYSE:CVX) sarebbero vicini ad un accordo per riprendere la produzione petrolifera nella zona neutrale tra Arabia Saudita e Kuwait. Le notizie sono contrastanti : ci si chiede se la produzione petrolifera tornerà disponibile subito dopo l’accordo o se ci vorranno almeno sei mesi per riportare l’area in pieno funzionamento.
Gli speculatori dei mercati sembrano stare ignorando questa informazione, visto che i prezzi del greggio continuano a salire nonostante la pubblicazione della notizia.
Ci sono anche indicazioni ribassiste per il greggio sul fronte della domanda, ma il mercato sta ignorando anche queste. I dati settimanali dell’EIA hanno entrando nel periodo di manutenzione delle raffinerie e la carenza di greggio dovrebbe riflettere un calo della domanda, ma il mercato sta ignorando questa informazione.
La paura e la speculazione per le sanzioni contro l’Iran non possono che spingere il mercato del greggio per ora. Ad un certo punto, la situazione delle scorte sarà chiara e il fattore paura si dissolverà. Ci restano due domande.
Quanto in alto possono essere spinti i prezzi? E quando scoppierà questa bolla?
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