Fed, USD e guerre valutarie

 | 25.02.2015 13:43

h2 Forex News and Events/h2

La presidente Yellen ha fornito pochi dettagli sulla tempistica del restringimento e non ha fatto riferimento all’USD. Poiché queste audizioni si possono trasformare in veri e propri dibattiti politici, prevediamo che oggi sarà posta qualche domanda sulla recente forza dell’USD. Sembra un po’ strano che gli operatori discutano sugli ultimi verbali della Federal Reserve per provare che la Fed si sta impegnando attivamente in una guerra valutaria. Gli operatori fanno riferimento al passaggio in cui si dice che il valore crescente del dollaro è “una continua fonte di limitazioni” quale prova che la Fed è pronta a combattere il nemico. Questa piccola nota non costituisce un vero e proprio avvertimento. Tuttavia, ciò che conta è che la Fed porta avanti dal 2009-2010 una guerriglia valutaria. Come impongono le regole della guerra moderna, non è necessaria una dichiarazione di guerra formale per sapere che si sta combattendo. I sostenitori di una soluzione generata dal mercato (i paesi sviluppati) non dovrebbero manipolare gli asset, ma gli operatori in attesa di una frase esplicita nei comunicati (stiamo svalutando la nostra valuta) barcolleranno nel buio per un bel po’ tempo (e forse dovrebbero lavorare sul loro CV). Semmai, questi commenti si possono interpretare come prova che è in corso una guerra silenziosa. Dal 2009 la Fed ha portato avanti un allentamento estremo della politica monetaria. Sebbene la ragione addotta fosse il raggiungimento degli obiettivi di inflazione e crescita, le misure hanno fatto chiaramente indebolire l’USD. I membri della Fed sono individui intelligenti, perfettamente consapevoli che misure estreme avrebbero avuto conseguenze negative per l’USD. Non hanno mai dovuto formulare implicitamente una politica dell’USD debole, a questo hanno pensato gli interventi. Ciò mi riporta alla mente una discussione con un esperto di vini, che diceva di bere vino solo per il suo sapore, senza ammettere che l’ebbrezza faceva parte del fascino da esso esercitato.

Al vertice del G20 del 2009 è stata proposta su base globale la famosa teoria del riequilibrio. Secondo questa teoria, nazioni come la Cina avrebbero dovuto fare meno affidamento sulle esportazioni e basarsi di più sui consumi interni, mentre gli USA avrebbero avuto bisogno di meno consumi e maggiori esportazioni. Per far in modo che le esportazioni USA diventassero una voce importante del PIL, sarebbero stati necessari o complicati cambiamenti strutturali, o un deprezzamento dell’USD. L’ex presidente della Fed Bernanke comprendeva molto bene le guerre valutarie grazie al suo lavoro sulla Grande Depressione. Secondo lui, il problema posto dalle guerre valutarie non riguardava la strategia, ma la loro attuazione. Quando ci sono paesi che svalutano le loro valute in modo casuale, diventa difficile ottenere dei vantaggi. Questa la soluzione di Bernanke: se tutte le parti stampano moneta contemporaneamente, ciò stimolerà le economie e non ci sarà bisogno di una guerra valutaria. Il problema dei mercati moderni è che le valute con un maggiore tasso d’interesse tendono a rafforzarsi rispetto a quello con tassi d’interesse più bassi. Stampare moneta fa abbassare i tassi d’interesse.

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A nostro avviso, l’intervento della BCE è una chiara ammissione di questa tecnica illusoria. Il presidente della BCE Draghi ha lasciato intendere che le politiche monetarie fortemente espansionistiche, come il QE, non vengono perseguite per svalutare deliberatamente la valuta. Non possiamo immaginare, con i tassi d’interesse sovrani così bassi, che la BCE creda veramente che abbassarli ancora avrà un impatto notevole sulle condizioni economiche dell’Europa. Sospettiamo, invece, che la svalutazione dell’euro, cui hanno contribuito anche i segnali evidenti di ripresa negli USA e in Giappone, fornirà una rapida soluzione. Una soluzione che potrebbe sostenere la Grecia e salvare l’UE.