Fed: tra PIL e inflazione si teme stagflazione, pressioni sulle banche centrali

 | 02.05.2022 13:04

Gli economisti stanno affrontando una raffica di dati contrastanti. E questo dà loro l’opportunità di avere in parte ragione: l’inflazione sta schizzando, ma forse è al picco, gli aumenti dei tassi di interesse peseranno sulla domanda, ma i redditi reali si stanno già riducendo, e così via.

Ma il dato sul PIL USA ha rivelato un calo dell’1,4% nel primo trimestre, e l’indice PCE è schizzato del 6,6% a marzo sull’anno.

Il dato sul PIL potrebbe essere rivisto al rialzo e l’indice PCE comprende quegli aumenti volatili dei prezzi di alimentari ed energetici che i policymaker della Federal Reserve preferiscono ignorare; (l’indice PCE “core” è salito del 5,2%). Ma questi due dati indicano stagflazione, una crescita bassa o negativa combinata con un’inflazione alta.

Non è davvero possibile trovare giustificazioni, non importa quante ambiguità si inseriscano in un’analisi fondamentale (e gli analisti finanziari ne sono esperti).

Ora gli stessi economisti bancari che si aspettavano una crescita dell’1,1% nel primo trimestre dicono di non preoccuparsi, perché la domanda soggiacente resta forte ed il secondo trimestre mostrerà una ripresa. Gli analisti della banca olandese ING la scorsa settimana hanno scritto:

“Guardando al Q2, siamo fiduciosi che il dato sulla crescita sarà migliore, nonostante la politica fiscale e monetaria diventi meno di supporto. Sebbene l’inflazione stia pesando sul potere di acquisto, i redditi nominali stanno salendo nettamente e ci sono dei decenti aumenti dell’occupazione che, insieme, possono mantenere stabili le spese”.

Un’ambiguità da manuale. Al contempo, gli economisti prevedono con fiducia che la Fed alzerà i tassi di interesse di mezzo punto sia a maggio che a giugno. Questo tipo di azione “aggressiva” è progettata per ridurre la domanda. ING sembra volere la botte piena e la moglie ubriaca.

BCE indietro rispetto alla curva dell’inflazione; incombe recessione USA

Se la stagflazione sembra una cosa brutta, la recessione è ancora peggio e i mercati azionari sono crollati venerdì, con gli investitori che hanno iniziato a correre ai ripari. Tecnicamente, una recessione avviene con due trimestri consecutivi di calo del PIL, quindi siamo già a metà strada.

Gli economisti di Deutsche Bank sono più pessimisti di quelli di ING. Dopo essere stata la prima grande banca a prevedere una recessione ad aprile, la banca tedesca rincara la dose e stima una “grossa recessione” negli USA.

Gli economisti di Deutsche fanno riferimento alla storia ed al fatto che la Fed si trova ancora più indietro sulla curva dell’inflazione rispetto a quanto non fosse persino negli anni Ottanta e che “non è mai riuscita a correggere” neanche un’inflazione più debole senza innescare una grossa recessione. L’inflazione, concludono, non se ne andrà tanto presto.

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Intanto, la Banca Centrale Europea chiede scusa per aver sbagliato clamorosamente le stime sull’inflazione. L’inflazione ha raggiunto il 7,5% ad aprile, il sesto aumento consecutivo ed un massimo storico per la zona euro, ed aumentano le pressioni sulla banca centrale perché cominci finalmente a fare qualcosa al riguardo.

Caspita, dicono gli esperti della BCE, i nostri modelli hanno sbagliato le previsioni sul brusco aumento dei prezzi degli energetici, sui problemi di approvvigionamento e sulla rapida ripresa della domanda in scia alla pandemia.

Dopo che i funzionari della BCE, con in testa la Presidente Christine Lagarde ma anche il capo economista Philip Lane, hanno sminuito il bisogno di tassi più alti, fino a poco tempo fa, gli analisti ora si aspettano che la banca centrale cominci ad alzare i tassi di interesse a luglio e che lo facciano altre due volte entro fine anno.

Due paesi rimasti fuori dalla zona euro, Regno Unito e Svezia, non aspettano che la BCE agisca. La Banca d’Inghilterra questa settimana dovrebbe procedere con i suoi mini-aumenti da 0,25 punti percentuali, alzando il tasso di riferimento per il quarto vertice di fila, all’1%.

La banca centrale svedese la scorsa settimana ha detto addio ai tassi di interesse a zero, portandoli allo 0,25%, sopra lo zero per la prima volta dal 2014. La Riksbank si è detta pronta ad alzare i tassi altre due o tre volte quest’anno se necessario per combattere l’inflazione.

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