FMI: come uccidere bitcoin con i “Decentralized SDR”

 | 07.04.2021 11:42

Il Bitcoin è un asset digitale, teorizzato nel 2009 come mezzo di pagamento privato e decentralizzato, basato semplicemente sul consenso, la condivisione e l’utilizzo. Non ha un valore di mercato  intrinseco ben definibile, se non dal lato dell’offerta con il costo fisico e distributivo del mining (halving compreso), è un asset intangibile basato esclusivamente sulla fiducia della comunità che lo sostiene e usa (la domanda).

L’esperimento monetario-sociale si è poi evoluto con un'altra blockchain, quella di Ethereum di Vitalik Buterin grazie al relativo sviluppo del mercato degli smart contract (tokenizzazione). Il terrore delle banche centrali di perdere la sovranità monetaria le ha spinte a creare CBDC, la moneta digitale, che nulla ha a che fare con la DeFi. La valuta digitale consente semplicemente l’immediatezza, la certezza e la diretta connessione tra banca centrale e singolo cittadino, senza l’intervento di alcun intermediario terzo, nella negoziazione tra valuta e beni/servizi.

Nel caso della pandemia, ad esempio, si sarebbe potuti intervenire bonificando direttamente da parte della banca centrale i soldi sui conti correnti/cellulari di imprese e cittadini tramite il codice fiscale, eliminando burocrazia, tempi e costi nella catena degli interventi pubblici. Come possono le banche centrali eliminare il pericolo? Implementando una cryptocurrencies globale. Come? Già esiste nella sua versione primordiale, sono gli Special Drawing Rights presso il FMI: 41,73% dollaro, 30,93% euro, 10,92% Yuan, 8,33% Yen, 8,09% Pound.

Attualmente la corsa alla prima CBDC ha come scopo quello di aumentare il peso all’interno del paniere SDR ma è un cane che si morde la coda: tutte la banche centrali devo avere un coordinamento tecnologico per avere una negoziazione di “moneta digitale” globale, altrimenti rimane un fenomeno interno, anche se con risvolti sul commercio internazionale (vedi e-yuan).

Come farebbero le banche centrali a creare una valuta decentralizzata? Le banche centrali farebbero da minatori, con relativi nodi di validazione, per emettere illimitatamente il “SDR coin”, consentendo però ai privati di creare smart contract e poter mettere su un business ovunque, raccogliendo/finanziando fondi equity e debt.

Vuoi partecipare al business di un ristorante cinese di Tokyo? Se acquisti il token “involtini primavera”, tramite SDR coin, avrai diritto ad un X% degli utili mensili dell’attività. Vuoi finanziare il tabaccaio di Portofino? Comprando il token “presta e gratta” avrai diritto agli interessi del Y% annui fino a scadenza (obbligazione/prestito tokenizzati).

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Il problema attuale delle cryptocurrencies, oltre ai costi e velocità/numero di negoziazioni giornaliere, è che molte sono “scam” senza progetti dietro, un po’ come le società che si quotavano come IPO durante il fenomeno Dot.com anni 2000. L’esistenza di un mercato nel 2000 non ha impedito lo scoppio della bolla tech, anzi l’ha favorita.

La DeFi, per partire veramente, ha necessità di regole e controlli ma solo sulle procedure legali e la sicurezza informatica: lo stato deve mettere e garantire l’infrastruttura ma non detenere il controllo o entrare in gioco, come il notaio che certifica. Già oggi molte negoziazioni girano fuori Borsa, otc o dark pool, per una impresa evitare la quotazione ma raccogliere capitali velocemente, a costi bassi e in tutto il mondo, è vincente, è il futuro. Alla fine l’uso decentralizzato del “SDR coin” che però gira su infrastrutture centralizzate, potrebbe essere l’arma vincente, il giusto compromesso per la sostituzione del debito con il capitale di rischio, superando i confini statali e creando una vera concorrenza di mercato e meno monopoli.