FTSE-MIB: è arrivato il momento di riposizionarsi Long?

 | 11.02.2018 19:19

Premessa. Le profonde crisi dei mercati mondiali hanno molto spesso le seguenti motivazioni:

A) finanziaria, ovvero crisi di sistema tipo Lehman Brothers che potremmo paragonare, qualora una crisi ci dovesse mai essere in tal senso, a NPL e derivati dei giorni nostri

B) sovrapproduzione industriale collegata a salari crescenti e profitti aziendali decrescenti (non allo stato attuale)

C) forte instabilità dei cross valutari (ad oggi un eventuale ed ulteriore forte apprezzamento dell’Euro contro il dollaro americano)

D) crescita dell’inflazione sproporzionata rispetto ai salari (probabile in futuro)

E) un periodo di tassi di interessi molto bassi con conseguente aumento del credito bancario ed euforia negli investimenti aziendali e privati, a cui segue, pre-crisi, un rialzo dei tassi e l’aumento dell’inflazione. Attualmente, come tutti sanno, i tassi sono ai minimi storici ma il credito bancario non è stato certo in espansione; quindi mancherebbe il secondo punto di collegamento. Inoltre, non so se potremmo dipingere il periodo 2015-2017 dei mercati con la frase “sono talmente spinti dall’euforia che….”.

F) crescente squilibrio tra deficit pubblico (differenza tra entrate e uscite di uno Stato) e deficit della bilancia commerciale (differenza tra importazioni ed esportazioni di uno Stato) con relativo basso tasso di crescita del PIL. Anche in questo caso se il deficit pubblico di alcuni stati (Italia compresa) ha raggiunto da tempo “il punto di non ritorno”, bilancia commerciale e PIL invece vanno in senso opposto (per adesso). Per esempio, il 2016 per l’Italia ha rappresentato il record storico dell’avanzo commerciale salito a 51,6 Mld. di euro (dato su cui necessiterebbero comunque ulteriori approfondimenti)

Ciò premesso, seppur ritenendo che una terza crisi finanziaria sia certamente possibile, penso anche che una profonda crisi mondiale sia da considerarsi prematura, in quanto un eventuale mix delle motivazioni di cui sopra si ripercuoterebbero sull’economia reale soltanto tra qualche anno (magari post 2019-2020). Una “conferma” potrebbe essere che, al momento, il FMI continua a rivedere al rialzo le stime future di crescita mondiale (Europa ed Italia incluse)

Veniamo al punto. Nonostante tengo a ribadire che tecnicamente, ad oggi, intraprendere delle iniziative potrebbe risultare comunque azzardato (non ci sono segnali dell’indice né in un verso –sopra 23100- e né nell’altro –rottura definitiva dei 22000 punti) la risposta alla domanda è probabilmente si. Non so se siamo già pronti ad un nuovo e definitivo attacco dei 24000 punti, ma le probabilità di una reazione da questi livelli per target almeno area/fascia 23000-23500 sono rilevanti

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Le motivazioni sono varie e si potrebbero riassumere in:

A) l’ampio storno del DJIA (area 23500) ipotizzato nell’articolo del 4 Febbraio, anche se non previsto in tempi così rapidi, si è concretizzato. L’indice a stelle e strisce dal massimo storico del 26 Gennaio (26616) è sceso fino a 23360 subendo una perdita massima di ben il 12.23% in soli 15 giorni. Dal minimo di Venerdì però è scaturita una bella reazione (+3.55% dal minimo) che ha portato ad una chiusura a 24190 (pox target area 25000). In caso di ulteriori e future discese i 22000 punti dovrebbero rappresentare l’area del ritorno agli acquisti. Da segnalare che l’entità dell’attuale ribasso è più o meno pari a tutti gli storni avvenuti negli ultimi 10 anni circa (rialzo partito dai minimi del Marzo 2009). Mentre durante l’ultima crisi finanziaria globale (post fallimento Lehman Brothers) dai massimi dell’ottobre 2007 ai minimi del Marzo 2009 l’indice perse un 55% circa

B) In queste due settimane invece l’indice nazionale ha sovraperformato l’indice USA registrando un ribasso max-min dell’ 8.60% (24050-21982) ma soprattutto mantenendosi sopra la soglia dei 22000 punti. Ad ogni modo, nel caso peggiore e almeno per il momento area/fascia 21600-21300 dovrebbe reggere

C) Nelle ultime due settimane il Dollaro americano si è apprezzato del 3.18% (contro l’Euro) mentre il petrolio WTI ha perso l’ 11% circa. Ma sia la valuta europea che quest’ultimo rimangono saldamente impostati al rialzo (soglie importanti 1.19 per il primo e area 55.00 per il secondo)

D) L’Oro, da sempre considerato un bene rifugio, non è riuscito a rompere definitivamente almeno area 1350 che darebbe un primo impulso rialzista (conferme sopra 1400). Anche se dal 2016-2017, la questione Oro-Bene Rifugio andrebbe probabilmente ridiscussa facendo un ampio discorso anche sulle criptovalute

E) L’indice MSCI World, il cui prezzo di chiusura del 2017 è stato 2106 punti, dai massimi del 26 Gennaio a 2248 ha perso un 9% circa (2050). Da segnalare che da quando è nato (anno 1969) tale indice, negli unici undici casi di ribasso, non ha mai avuto “un rosso” superiore al 20% (escluso il 1974 con la crisi “petrolifera” –meno 24.48%- e il 2008 –meno 40.33%-). 4 volte ha chiuso tra meno 1-5% (1970-1981-1992-2011) e 5 volte tra meno 12-20% (1973-1990- ed il triennio 2000-2001-2002 della “Bolla delle Dotcom & Torri Gemelle”).
Questo indice ha una “solidità” maggiore in quanto rispetto all’indice MSCI ACWI non considera i Paesi Emergenti

F) Gli RSI di medio periodo (vedi grafico) farebbero propendere per la tesi rialzista. Un ritorno del MIB sopra 22500 sarebbe opportuno in tal senso