Gli investitori si focalizzeranno sugli utili, sullo stimolo o sui dati?

 | 19.07.2021 13:43

  • Gli utili potrebbero fare da catalizzatore in una settimana con pochi dati
  • Tuttavia, finora, gli utili solidi non sono riusciti a far evitare un selloff settimanale sulla scia dei dati economici e del sentimento
  • Gli investitori sembrano essere passati dal far affidamento sulla Fed all’economia reale
  • Nonostante i solidi risultati della scorsa settimana, con la stagione degli utili entrata nel vivo, gli investitori hanno spostato l’attenzione sulla pubblicazione dei dati, con una serie di indicatori legati all’economia che segnalano una navigazione tutt’altro che facile.

    Anche se gli utili delle aziende probabilmente saranno il principale catalizzatore dei mercati nella prossima settimana, alla chiusura degli scambi venerdì, i rendimenti dei Treasury sono crollati, segnale che le rassicurazioni della Fed secondo cui la sua politica prudente resterà in vigore non sembrano essere bastate a calmare i preoccupati investitori.

    In effetti, sebbene i risultati aziendali finora siano stati forti, i rendimenti in discesa chiaramente segnalano che gli investitori preoccupati hanno riempito i portafogli di Titoli del Tesoro, saliti per la terza settimana di fila. Anche i titoli difensivi hanno visto un trend in salita.

    I timori per l’inflazione continuano a pesare sui titoli azionari

    Venerdì, tutti e quattro i principali indici statunitensi, S&P 500, Dow Jones, NASDAQ e Russell 2000, sono andati in selloff nei timori che l’impennata dell’inflazione farà saltare la ripresa, interrompendo la tripletta di rialzi settimanali. Neanche il solido dato sulle vendite al dettaglio, il rovescio della medaglia dell’accelerazione dell’inflazione, è riuscito a placare i timori.

    Al punto che, sebbene gli investitori abbiano inizialmente fatto salire i titoli venerdì, dopo la pubblicazione dell’indice sul sentimento dei consumatori dell’Università del Michigan, crollato ad 80,8 da 85,5 del mese prima deludendo tutte le previsioni, la convinzione dei mercati è cambiata.

    L’indice S&P 500 è sceso dello 0,75%. L’idea che l’economia non si espanderà tanto rapidamente quanto sperato ha innescato la domanda di titoli difensivi. Utenze, Sanità e Prodotti di consumo hanno chiuso in verde, mentre i settori che dipendono dalla crescita hanno trainato il calo. Il settore energetico ha registrato una performance deludente (-2,8%), sulla scia delle aspettative che i membri dell’OPEC+ sistemeranno le cose ed aumenteranno le scorte.

    Ma i ciclici sono caduti in disgrazia anche senza attenuanti. I Materiali sono crollati dell’1,5%, i Finanziari dell’1,4% e gli Industriali sono scesi dello 0,9%. In calo anche i settori growth che erano stati i più avvantaggiati durante i lockdown. Giù dell’1% i titoli tecnologici, mentre i servizi di comunicazione segnano -0,6%, nonostante il rapido ed allarmante aumento dei casi di COVID negli USA legati alla contagiosissima variante Delta.

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    Su base settimanale, l’indice S&P 500 è sceso dell’1% dopo il nuovo massimo storico registrato lunedì. Inoltre, da una prospettiva settimanale, i settori growth hanno battuto i value. Ancora una volta, il settore energetico ha trainato il calo, con un tonfo del 7,9%, seguito dal selloff del 2,3% dei materiali. I finanziari registrano -1,6% e gli industriali -1,5%.

    I servizi di comunicazione, invece, sono scesi di meno dell’1% ed i tech di solo lo 0,6%. Lo stesso pattern si osserva su base mensile, trimestrale e semestrale. Solo nella finestra temporale dell’anno in corso il reflation trade risulta in testa.

    L’indice simbolo del Reflation Trade, il Russell 2000, ha registrato una performance inferiore tra i riferimenti venerdì. È crollato dell’1,3%.

    L’indice a bassa capitalizzazione è stato colpito anche su base settimanale, perdendo il 5,1% del valore, il suo selloff settimanale peggiore da ottobre. Le perdite sono pari a quasi cinque volte quelle dell’indice NASDAQ 100, che rappresenta le società tech a mega-capitalizzazione, le preferite durante la pandemia. L’indice legato al settore tech è sceso di solo l’1,07% nello stesso arco temporale.

    Quindi, che sta succedendo su questo mercato? Potrebbe essere un cambiamento dell’attenzione degli investitori, o semplicemente una continuazione del sentimento altalenante che ultimamente gli investitori stanno cavalcando?

    Il dato sull’inflazione al consumo di martedì, che ha mostrato un aumento mensile dello 0,9%, ha rappresentato il balzo maggiore di questo indicatore dal 2008, battendo tutte le previsioni. Indica costi maggiori legati alla riapertura dalla pandemia.

    Nonostante l’impennata dell’inflazione, il Presidente della Federal Reserve Jerome Powell ha reso noto che la ripresa economica al momento non giustifica l’eliminazione dell’accomodamento. Solitamente, quando l’economia va male, costringendo la Fed a mantenere lo stimolo, i titoli azionari schizzano quasi sempre. Ma questa è la prima volta che, per quel che ricordiamo, gli investitori hanno risposto ai dati legati all’economia reale.

    Va ad aggiungersi alla nostra perplessità il fatto che la lettura deludente sul sentimento di venerdì solitamente spingeva i titoli azionari ogni volta in cui si temeva che la Fed stesse pensando ad un inasprimento della politica fiscale. Neanche i forti utili azionari seguiti dai solidi dati sulle vendite al dettaglio sembrano essere bastati. È questo che sta succedendo, con le prese di profitto? O magari è qualcosa di peggio?

    Da un punto di vista tecnico, l’indice NASDAQ mostra segni di correzione all’interno di un trend in salita.