Greggio: dimenticate la previsione di 65 dollari per fine anno, arriveremo presto ad 85?

 | 07.07.2022 11:16

Citigroup dice che il petrolio potrebbe collassare a 65 dollari al barile entro fine anno ed arrivare a 45 dollari entro la fine del 2023 se dovesse arrivare una recessione che peserà sulla domanda.

Ma non andiamo tanto lontano. Arriveremo ad 85 dollari entro fine luglio?

I prezzi del greggio sono crollati di oltre 11 dollari al barile nei minimi di martedì, tra i timori di una recessione USA che hanno comportato uno dei peggiori giorni di trading per i mercati petroliferi dai massimi di marzo innescati dal conflitto in Ucraina.

L’impennata del dollaro ai massimi di due decenni ha inoltre incentivato le vendite del petrolio.

Tuttavia, non appena il prezzo di un barile è sceso sotto i 100 dollari, alcune delle voci che avevano accolto il collasso di martedì dalle retrovie hanno ipotizzato che il greggio potesse essere oversold.

I dubbi sono comprensibili. Il mantra “sempre più su” è diventato istituzionalizzato per i prezzi del petrolio, così come il “sempre più giù” di due anni fa.

Dall’inizio del 2022, i temi sono stati “Russia, Russia, Russia”, la follia di politiche di energia pulita a scapito dei combustibili fossili, e il compito praticamente impossibile dell’OPEC+ di rispettare gli obiettivi di produzione fissati dai sauditi.

A tutto questo, va ad aggiungersi la temuta parola che inizia per R.

Stavolta, a differenza del passato, sembra non essere possibile capire quanto lunga e quanto profonda sarà la recessione, o addirittura se effettivamente ci sarà.

Sotto la lente: verbali del vertice Fed, dati sull’occupazione USA

L’aumento dei timori di una recessione potrebbe pesare sulle prospettive per la domanda di petrolio questa settimana, malgrado le preoccupazioni per le scorte tese e la prospettiva di un aumento dei posti di lavoro USA a giugno.

L’occupazione non agricola di giugno dovrebbe essere rallentata da maggio, restando però in solido territorio positivo. Gli economisti seguiti da Investing.com parlano di un’aggiunta di circa 268.000 posti di lavoro il mese scorso, con la disoccupazione al 3,6% per il terzo mese di fila. Un tasso di disoccupazione del 4% o meno è considerato dalla Fed piena occupazione.

C’è un legame molto stretto tra i prezzi del petrolio e i dati sull’occupazione USA. È semplice: la gente usa un mezzo di trasporto (auto o mezzi pubblici) per andare al lavoro.

I verbali del vertice di giugno della banca centrale USA daranno agli investitori indizi su come i policymaker prevedono sarà il futuro dei tassi di interesse, con i mercati che restano focalizzati sulla prospettiva di una recessione. La Fed dovrebbe procedere con un altro aumento dei tassi da 75 punti base a luglio, ma la decisione di settembre è meno chiara.

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I grafici suggeriscono un ribasso verso gli 85 dollari

Prima dell’apertura statunitense di mercoledì, il WTI è salito di 1,84 dollari, o dell’1,9%, a 101,34 dollari al barile. Ha chiuso la seduta di martedì, la prima di luglio, con un tonfo dell’8,2%, dopo aver terminato il mese di giugno con un crollo di oltre il 7%.

Il Brent è salito di 2,35 dollari, o del 2,3%, a 105,12 dollari negli scambi del pomeriggio a Singapore. Il Brent era salito dell’1,7% nella seduta precedente, ma ha perso quasi il 6% a giugno. Prima del tonfo di martedì, era rimasto vicino a 120 dollari per settimane.

Il punto, però, è che è stato testato il minimo del WTI di 97 dollari. Gli orsi hanno assaggiato il sangue, come non facevano da tre mesi, e un ulteriore assalto alla parte bassa dei 90 dollari è probabile prima del prossimo tentativo intorno agli 85 dollari, secondo i grafici elaborati per Investing.com da skcharting.com.

“Un calo ad 85 e persino 79 dollari dipenderà tutto da come reagirà il mercato al prossimo approccio degli orsi ai 92 dollari”, spiega Sunil Kumar Dixit, a capo delle strategie tecniche di skcharting.com.

“Ma le probabilità sono a favore di una rottura sotto i 90 dollari ed è molto probabile che possa succedere prima di fine luglio”.