I listini europei chiudono in rosso dopo il nulla di fatto della Fed.

 | 20.09.2015 19:36

Quadro macro economico

Il rinvio della stretta sui tassi Usa non è piaciuto alle piazze finanziarie europee, tutte in deciso calo nell’ultima seduta della settimana. Il tedesco Dax ha terminato in rosso del 3,06% mentre Cac40 e Ibex hanno rispettivamente lasciato sul campo il 2,56 e il 2,57 per cento. Limita le perdite Londra, scesa dell’1,34. La decisione della Fed ha colpito in particolare il comparto finanziario viste le ripercussioni sul mercato dei bond. Tra gli assicurativi Aegon ha segnato un calo del 6,12% e la britannica Aviva ha lasciato sul campo il 2,5% mentre nel comparto bancario si segnala il –3,99% del Credit Suisse e il –4,44% di Deutsche Bank. Sul listino tedesco in evidenza Adidas (+1,21%) che capitalizza l’incremento del prezzo obiettivo annunciato da Hsbc (-1,87%). Benoit Coeure, membro del Consiglio direttivo della Bce, ha confermato la disponibilità dell’Eurotower ad estendere il piano di acquisto asset oltre il settembre del 2016. “Ci sono rischi ribassisti legati alle incertezze del contesto globale” e la decisione della Fed di non incrementare il costo del denaro “da un certo punto di vista conferma la nostra view”.


Piazza Affari, al pari delle altre Borse europee, ha chiuso in deciso ribasso del 2,64%. Un segnale letto dal mercato come una conferma delle preoccupazioni sul rallentamento dell’economia mondiale, legato alle turbolenze arrivate dalla Cina e dai mercati emergenti. Pesante Prysmian (-5,10% a 19,15 euro) in scia alla bocciatura arrivata venerdì mattina da Goldman Sachs. Gli analisti della banca d’affari americana hanno tagliato il giudizio sulla società dei cavi portandolo a neutral dal precedente buy in scia “ai limitati cataliyst previsti nei prossimi mesi”. Gli esperti di Goldman hanno inoltre citato il rallentamento della crescita nel business tlc e gli sviluppi già prezzati del progetto Weestern Link. In rosso i titoli del comparto bancario: Banco Popolare ha ceduto il 3,06%, Popolare di Milano l’1,48%, Intesa SanPaolo il 3,75%, Unicredit (MILAN:CRDI) l’1,89%. La flessione del petrolio si è sentita sui titoli del listino milanese maggiormente sensibili all’andamento del greggio: Eni ha perso il 3,20%, Saipem il 2,11%, Tenaris il 2,58%. Vendite diffuse anche sul settore del lusso con Salvatore Ferragamo che ha lasciato sul parterre il 3,59% e Moncler che è arretrata del 2,94%. Telecom Italia (+0,45%) ha resistito alle vendite al termine di una settimana dove sono riemerse le indiscrezioni sul possibile aumento della quota di Vivendi (PARIS:VIV) all’interno del capitale del gruppo guidato da Marco Patuano.

Alla fine è prevalsa la prudenza ! Giovedì sera a margine del meeting del FOMC, il braccio esecutivo della Fed, è stato deciso di mantenere inalterati i tassi di interesse bloccati da circa sette anni, ai minimi storici, sulla soglia dello zero, tra lo 0,00% e lo 0,25%. Il mantenimento dello “status quo” non ha messo d’accordo tutti gli analisti, che hanno considerato la manovra troppo conservativa. Ragionando a mente fredda, la scelta di mantenere i tassi nel range originale dal dicembre del 2008, è stata dettata dagli ultimi sviluppi dell’economia globale e dei mercati finanziari, elementi che potrebbero peggiorare l’economia e incrementare le pressioni ribassiste dei prezzi. In particolare, i recenti dati macro economici provenienti soprattutto dalla Cina e dalle economie emergenti potrebbero causare instabilità su tutti i mercati mondiali, rischiando di pesare sull’inflazione americana ancora lontana dal target del 2 per cento. In sostanza, neanche i dati positivi provenienti dall’economia statunitense, specialmente quelli del mercato del lavoro che ad agosto hanno subito un incremento di oltre 200 mila nuovi posti nei settori non agricoli, non sono bastati per dare la spinta necessaria per far aumentare il costo del denaro. Inoltre, dalla conferenza stampa della Yellen sono emersi dei dettagli importanti, da tenere in considerazione nei prossimi mesi; ovvero il chairman, ha sottolineato che per un rialzo dei tassi devono essere presi in considerazione sia i dati sull’inflazione che quelli sulla disoccupazione; ed in particolare ha detto che sono i dati sull’occupazione (che quest'anno dovrebbe attestarsi negli Usa al 5%, meno del 5,3% ipotizzato tre mesi fa) a portare l’inflazione su livelli di target e che quindi è in assoluto il primo dato da analizzare. A fine riunione Janet Yellen, non ha però escluso un rialzo del costo del denaro nelle prossime riunioni in programma una ad ottobre ed un’altra a dicembre. Molto probabilmente, la decisione di aumentare i tassi sarà presa non il prossimo mese, ma nel meeting di dicembre, in quanto in un mese c’è pochissimo margine che la situazione congiunturale internazionale tenderà a migliorare. Sul valutario, in concomitanza del meeting della Fed e della conferenza stampa della Yellen, il dollaro è stato venduto nei confronti delle principali valute; in particolare contro l’euro è riuscito a raggiungere quota 1,1400. Sempre a tergo della seduta di giovedì sera, la Fed ha rivisto al ribasso le stime di crescita degli Stati Uniti. Per il 2016 l'istituto centrale statunitense vede la crescita attestarsi a +2,3%, contro il 2,5% previsto lo scorso giugno. Quest'anno il Pil dovrebbe invece attestarsi a +2,1%. Per quanto riguarda l'inflazione è vista passare dallo 0,4% di quest'anno, all'1,7% nel 2016 e all'1,9% nel 2017 per centrare il target del 2% solo nel 2018. Infine la disoccupazione è vista al 5% a fine anno (dal 5,1% attuale), per poi scendere al 4,8% il prossimo anno.

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Sempre nella seduta di venerdì, il Conference Board ha comunicato che il suo "superindice" (Leading Indicators) per gli Stati Uniti è aumentato ad agosto dello 0,1%. Gli economisti avevano previsto un aumento dello 0,2%. Il dato di luglio è stato rivisto al rialzo, da -0,2% a +0,0%. “Il superindice segnala che la crescita economica rimarrà moderata fino al nuovo anno, ci sono poche ragioni per ritenere che ci sarà una significativa accelerazione", osserva il Conference Board in una nota. "Il salario orario medio e i nuovi ordini manifatturieri sono stati deboli, segnalando un rallentamento della crescita nel settore industriale. D'altra parte l'occupazione, i redditi e le vendite delle imprese sono cresciute ed hanno aiutato a controbilanciare la debolezza nella produzione industrial degli ultimi mesi", conclude il Conference Board.

Quadro tecnico mercato valutario

Eur/Usd

Iniziamo la nostra consueta analisi settimanale partendo dal grafico weekly. La prima cosa che balza agli occhi, è che la major in esame si trova sempre all’interno di una zona di congestione compresa tra i due livelli statici giornalieri (livelli rossi) a 1,0814 e 1,0611. In passato, in sole due occasioni la major è riuscita ad uscire fuori da tale zona, e tutte e due le volte al ribasso, precisamente nelle prime due settimane di marzo e nelle prime due settimane di aprile; ma è stata per ambedue le situazioni una toccata e fuga, infatti subito le quotazioni sono rientrate nella zona flat provocando alla fine due false rotture ribassiste della zona interessata. Se allarghiamo la veduta del weekly notiamo che da fine giugno è iniziato un movimento ribassista ben direzionato con pochissime sbavature a correzione del trend short; poi da metà gennaio, siamo entrati nella zona di congestione – consolidamento. Al momento, dalla lettura degli ultimi punti di swing (cerchiati in verde) sembra che la coppia abbia iniziato un movimento rialzista, seppure i movimenti non sono ben delineati; molto probabilmente se la coppia continua a muoversi in questo scenario potremmo assistere ad un uscita delle contrattazioni dalla parte alta della zona flat. Sul giornaliero, notiamo che il movimento rialzista in atto, individuato nel grafico settimanale, è ancora più chiaro; le candele tendono ad appoggiarsi su una trend line inclinata al rialzo, ovviamente in caso di superamento della resistenza giornaliera a 1,1395, potremmo assistere ad un movimento rialzista più importante tale da raggiungere la resistenza posizionata a 1,1611. L’area dove è possibile un ingresso long è al test della trend line.