I mercati ai tempi della nostra vita sospesa...Un focus su alcune materie prime

 | 13.03.2020 16:32

Se “Sputiamo su Hegel” l’interessante saggio di Carla Lonzi che negli anni settanta ha contribuito ad alimentare il dibattito sul ruolo della donna all’interno di un contesto sociale formatosi culturalmente in funzione del concetto di famiglia patriarcale, risulta opportuno, magari in questi tempi di momentanea “vita sospesa” riflettere sulle aspettative che la comunità contemporanea ha da tempo nutrito rispetto all’idea di società globalizzata che ci è stata prospettata, onde evitare ulteriori delusioni. Il testo della Lonzi l’ho letto attentamente, anzi studiato ed approfondito in occasione di un esame universitario. E’ stato per me illuminante poiché, nonostante la pensassi in maniera completamente differente dall’autrice, quelle sue affermazioni scritte hanno suscitato in me una enorme riflessione, riuscendo a farmi osservare la tematica con uno sguardo diverso.

Innumerevoli sono gli interrogativi che mi pongo rispetto, ad esempio, alle dichiarazioni rilasciate in un intervista fatta di recente all'economista, saggista statunitense, premio Nobel per l'economia, Joseph Stiglitz.

Nella vasta letteratura sulla globalizzazione si è consolidato un certo rifiuto nel considerare questo fenomeno solo come meccanismo economico. Gli schemi preordinati sono fondamentalmente saltati, con il nostro Vecchio Continente che appare disorientato, disgregato e privo di una comunità d’intenti.

Fatta questa premessa, riprendo nuovamente il focus sulle materie prime monitorate in questi giorni. Tutto quello che è accaduto in occasione del meeting di Vienna è ormai cronaca, entrata a far parte della storia, ben descritta, raccontata, narrata ed analizzata in maniera brillante da molti analisti.

“Un rimbalzo che può risultare ingannevole…” è il titolo del mio ultimo approfondimento. La candela che si è formata il giorno successivo al tonfo del petrolio, che è andato a “solleticare” il minimo in area 26,36 dollari al barile, toccato nel 2016 dalle due candele mensili di gennaio e febbraio, ha per certi aspetti fatto ben sperare. Tuttavia, partendo dall’assunto che un Gap non necessariamente deve essere ricoperto in maniera repentina, soprattutto in questa situazione di grande incertezza innescata dalla guerra dei prezzi tra sauditi e russi (pensare che l’URSS fu il primo Paese a riconoscere il Regno Saudita alla fine degli anni venti), risulta davvero complesso riuscire a prendere delle posizioni sull’oro nero. Nel lungo periodo non risulta affatto sostenibile mantenere l’attuale prezzo. Al di là di minacce velate e dichiarazioni roboanti. Il basso il prezzo andrà a ridurre la capacità produttiva delle aziende dello shale oil, volendo effettuare un esempio pratico. La stessa Casa Bianca ha esternato la necessità di programmare aiuti di Stato per sostenere le compagnie americane. Intanto gli arabi fanno gli “sconti” all’Europa. Alcuni esperti della FED sostengono, a ragion veduta, che solo un prezzo al barile pari a 48/54 dollari incentiverebbe nuove aziende a perforare sul territorio a stelle e strisce.