I mercati trattengono il fiato per i dati sull’occupazione e i discorsi della Fed

 | 28.11.2022 12:55

  • La Fed è l’unica cosa che conta
  • Dato sull’occupazione particolarmente importante in questo momento
  • Dei brutti dati economici dovrebbero innescare un rally
  • Sebbene tutti e quattro i maggiori indici statunitensi siano saliti la scorsa settimana, eccetto le mega-cap, non sono riusciti a segnare nuovi massimi. Cosa aspettano gli investitori?

    Questa settimana arriveranno i dati economici, su inflazione (indice PCE), manifattura (indice PMI di Chicago, indice manifatturiero ISM) e spese (dei consumatori, edilizie). Ma il dato più importante potrebbe essere quello sull’occupazione non agricola. Considerato che i dati sono importanti nel contesto della politica monetaria, una serie di discorsi dei membri della Fed potrebbero far muovere i mercati. Il Presidente della Federal Reserve Jerome Powell parlerà delle “prospettive economiche e del mercato del lavoro” alla Brookings Institution mercoledì.

    Il capo della Fed è focalizzato sui dati, che lo stanno spingendo a continuare ad alzare i tassi in modo aggressivo: per la quarta volta di fila, il 2 novembre, la Fed ha alzato i tassi dello 0,75%.

    A quanto pare, la Fed continuerà ad alzare i tassi fino a quando il mercato del lavoro non si raffredderà. Le stime indicano 200.000 nuovi posti di lavoro a novembre, in calo dai 261.000 di ottobre.

    In base ai verbali del FOMC del vertice dell’1-2 novembre, una “considerevole maggioranza” di membri ritiene che “potrebbe essere presto appropriato” moderare gli aumenti. Una variazione dei dati sull’occupazione, attesi questo venerdì, potrebbe rafforzare questo desiderio o spingere la Fed a continuare ad accelerare. Al momento, gli analisti prevedono “solo” un aumento da mezzo punto a dicembre.

    Sono scettico circa il fatto che Powell ribadirà che crede ancora che sia possibile un atterraggio morbido. Prevedo un atterraggio brusco, perché l’economia statunitense praticamente non è cresciuta.

    E, mentre la crescita è ferma, il costo della vita si è gonfiato del 6,2% a settembre YoY, in base all’indice PCE USA, e del 5,1% escludendo i prezzi volatili di energetici ed alimentari. Una recessione tecnica si era già innescata quando il PIL era sceso nel primo e nel secondo trimestre. Nel terzo trimestre, il PIL è salito del 2,6%, soprattutto per un’impennata delle esportazioni.

    Da quando il quantitative easing ha rimpiazzato un’economia naturale basata su offerta e domanda dei partecipanti, abbiamo visto gli investitori reagire favorevolmente ai dati economici deboli, e con selloff quando l’economia si dimostra resiliente. Mi aspetto un rafforzamento ulteriore di questa filosofia ora, con la Fed diventata l’unica cosa che conta.

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    Mentre tutti e quattro i riferimenti USA sono saliti, le utenze hanno registrato una performance superiore e i tech sono rimasti indietro, a dimostrazione della cautela degli investitori. Possiamo chiaramente vederlo sul grafico.