I tre Btp che prezzano una stagflazione meglio dello spread

 | 08.06.2022 15:17


Le aspettative di inflazione, con relativo aumento dei tassi di interesse da parte della Bce, hanno iniziato a manifestarsi da ottobre 2021 quando i rendimenti del Btp decennale sono passati da 0,5% al 3,5% attuale che rappresenta i valori top toccati nel 2018 all’indomani dell’annuncio della formazione del governo giallo-verde; lo spread nello stesso periodo è passato da 100 bp a 210 bp (nel 2018 toccò i 310 bp, ma con il covid l’interventismo della Bce sui titoli di stato italiani è maggiore e vale tutti i 100 bp di differenza negativa attuale).

Aumento dei tassi e politiche restrittive relative alla liquidità in circolazione sono lo spauracchio per i mercati finanziari che potrebbe riflettersi sull’economia reale con una stagflazione. Praticamente lo spread non ci da reali informazioni sulla situazione effettiva mentre i rendimenti nominali ci indicano un ritorno al 2018 ma dovuto più all’inflazione ed al rialzo dei tassi che a questioni interne di politica. Lo strumento migliore per verificare il surriscaldarsi della situazione sul mercato dei titoli di stato italiani è lo spread bid-ask medio tra tutti i titoli di stato italiani quotati. Secondo i dati forniti da Banca D’Italia a fine anno era sopra i 20 bp, nel 2019 con le dimissioni di Salvini si era arrivati a 35 bp, mentre nel 2018 e durante il covid si sono superati i 50 bp. La situazione attuale vede nell’intraday uno spread bid ask medio ponderato tra 10 e 15 bp con accelerazioni momentanee sul singolo btp anche oltre i  40 bp. La situazione appare tranquilla ma l’allargamento eccessivo dello spread intraday sarebbe il primo segnale di criticità per i conti pubblici italiani.