Il ‘Barometro di Gennaio’ e le Prospettive 2024: Mercati Ottimisti nonostante ...

 | 01.02.2024 09:41


Nonostante l’assenza del tradizionale rally di Santa Claus, evento che non si verificava a Wall Street dal dicembre 2015 a gennaio 2016, il mese di gennaio ha concluso con un andamento notevolmente positivo. La rilevanza di questo periodo è spesso enfatizzata, considerandolo storicamente uno dei mesi più performanti dell’anno. Si fa riferimento a gennaio come al “barometro di gennaio,” poiché i rendimenti di questo periodo tendono a stabilire un tono per l’intero anno. Nonostante la sua non infallibilità, il “barometro di gennaio” può vantare una percentuale di successo del 70% nell’S&P 500 dal 1945.

Tuttavia, un’analisi più dettagliata, limitata al periodo dal 1998 a oggi, rivela che sul mercato americano l’S&P 500 ha registrato una percentuale di coincidenze del 58% tra l’andamento di gennaio e quello dell’intero anno negli ultimi 26 anni. Questo dato, benché significativo, è accompagnato da una correlazione non particolarmente robusta, appena dello 0.36. Per quanto riguarda il Tesla (NASDAQ:TSLA) si colloca in ultima posizione con una perdita di circa un quarto del suo valore, bruciando circa 192 miliardi di dollari di capitalizzazione e portandosi in ottava posizione tra le prime società statunitensi per capitalizzazione, cedendo il suo settimo posto alla Berkshire di Warren Buffett con la farmaceutica Eli Lilly prossima ad un sorpasso.

Nel contesto statunitense, la crescita dei mercati è accompagnata da un aumento della volatilità, con l’indice VIX che, dopo due mesi consecutivi di contrazione, registra una crescita mensile del +15,2% a gennaio. In Europa, la volatilità sull’indice principale mostra una flessione del 4%, mantenendosi ai minimi degli ultimi tre anni.

La propensione al rischio non è stata priva di sfide, con preoccupazioni legate a possibili prese di profitto, revisioni al rialzo delle proiezioni ottimistiche sui tagli dei tassi da parte delle principali banche centrali e incremento dei rendimenti statali decennali, sia in Europa che negli Stati Uniti. Le preoccupazioni relative alla Cina e le crescenti tensioni geopolitiche hanno contribuito a complicare il quadro, sebbene l’ottimismo riguardo all’intelligenza artificiale e la solidità dell’economia statunitense, unita al declino dell’inflazione, abbiano fornito un contrappeso.

Ieri, Jerome Powell ha temperato le aspettative di un taglio dei tassi da parte della Federal Reserve a marzo, dichiarando che la Fed intende procedere con cautela nel ridurre i tassi di interesse e che un taglio a marzo non è probabile. Il mercato ha reagito in modo deciso e, come previsto, la Federal Reserve (Fed) non ha soddisfatto immediatamente le aspettative di un taglio dei tassi, causando un’aspra reazione nelle azioni mercoledì.

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Rimango convinto che la Federal Reserve preferirà mantenere una posizione attendista piuttosto che anticipare tagli dei tassi troppo precoci. Di conseguenza, non ritengo che l’andamento delle azioni di ieri debba generare incertezze. Nonostante la revisione delle aspettative per un taglio dei tassi a marzo, attualmente il mercato valuta tale probabilità a circa il 35%, rispetto al superiore 70% registrato un mese fa, gli investitori sembrano mantenere un percorso ottimistico di sei tagli dei tassi entro l’anno, con il meeting di maggio che inaugurerà l’inizio dei tagli di 25 punti base, i quali si protrarranno nei successivi incontri fino a dicembre.