Il caffè depresso è pronto a rialzarsi

 | 04.01.2021 11:43

Il mercato del caffè, secondo dopo il petrolio per dimensione, presenta delle peculiarità che lo rendono poco dipendente dalla domanda ma molto da tutto ciò che accade a monte: dal grossista che consegna ai bar fino alle famiglie di coltivatori sparse in sud America (soprattutto), Asia occidentale e Africa.

Un mercato che, particolarmente negli ultimi 15 anni, ha visto una contrazione della catena del valore dove si osserva l’irrequietezza di grossisti, torrefattori e traders, preoccupati di difendere ed accrescere la propria fetta di valore in un contesto di mosse e contromosse che hanno reso gommoso il perimetro delle storiche competenze e della contesa.

Se da un lato si osserva un sostanzialmente prevedibile comportamento della domanda finale, dal lato dell’offerta al movimentato atteggiamento degli operatori professionali fa da contraltare la costante presenza dei produttori osservatori passivi e senza potere contrattuale: circa l’80% della produzione è assicurata da oltre 25 milioni di famiglie per lo più vulnerabili.

La complessa e delicata attività di produzione rende ogni stagione produttiva avvolta in un alone di incertezza. Le piantagioni necessitano di opportune condizioni ambientali (ad esempio altitudine) e climatiche (piogge ed umidità) affinché rendano in modo adeguato.

Nel mondo della produzione in genere incertezza significa costi. Costi che si scaricano sostanzialmente sui produttori organizzati in gran parte in strutture fragili e costrette a confrontare la propria struttura dei costi con ricavi bassi ed umorali.

Questo contesto fa si che sul mercato sia molto affollata quell’area che in micro-economia si chiama area delle imprese marginali, cioè fatta da aziende che operano costantemente sul filo della sopravvivenza per il fatto che, data la loro struttura dei costi, avrebbero bisogno di un livello di prezzo del prodotto strutturalmente più elevato per stare nel mercato più tranquillamente.

Conseguenza di ciò è che eventi particolarmente avversi, sul lato dei prezzi o della produzione, molto spesso le spazzano via.

Inoltre la produzione si mostra sostanzialmente inelastica rispetto al prezzo. Infatti un aumento dei prezzi sul mercato dovrebbe, come avviene nel mercato del greggio ad esempio, indurre i produttori ad aumentare gli investimenti e la produzione con attenzione all’efficienza del processo industriale per non peggiorare la struttura complessiva dei costi come conseguenza del possibile aumento di quelli fissi (impianti produttivi, personale, …).

Si pensi che una nuova pianta di caffè comincia a produrre dopo circa 3/4 anni e raggiunge la massima produttività, che conserva per pochi anni, intorno ai 15 anni. Un tempo di 3 o 4 anni in un tale mercato è orizzonte temporale siderale per imprese piccole e fragili come quelle descritte: può succedere che quando la pianta è pronta a produrre, non ci sia più l’impresa che l’ha messa a dimora!

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Quel che di solito avviene è che un aumento dei prezzi si spalma nella parte della catena del valore dove non troviamo i produttori (a cui storicamente non va oltre il 3-5 percento del prezzo finale). Tutto ciò mortifica “gli spiriti animali” keynesiani dei piccoli imprenditori i quali per migliorare i loro margini sono costretti ad agire unicamente sull’efficienza per cui non è raro che siano costretti a spostare le produzioni in modo opportunistico per cercare di migliorare il loro margine operativo.

Lo scenario con cui gli operatori si confrontano oggi è da un lato il progressivo aumento delle temperature medie del pianeta che influenzano direttamente le delicate condizioni ambientali che assicurano la produzione. La conseguenza è una riduzione della produzione, soprattutto della più diffusa e più delicata qualità arabica, dovuta alla diffusione di parassiti, siccità e spostamenti delle colture progressivamente verso terreni più collinari ed impegnativi. Tutto ciò significa maggiori costi.

D’altro canto il marketing e le nuove tendenze indotte dai nuovi stili di vita assicurano una buona pressione della domanda. Il tutto si traduce in un costante spostamento dei consumi dalla moka alle capsule (oggi ormai rappresentano il 30% circa del mercato) le quali assicurano margini molto allettanti.

I prezzi oggi si presentano così