Il rimbalzo continua ma le resistenze incombono. Torna la Brexit

 | 11.01.2019 09:42

h2 Venerdì 11 Gennaio

L’impulsività del rimbalzo si è comprensibilmente attenuata, come è assolutamente fisiologico se pensiamo che l’escursione dal minimo del 24 dicembre (2317 sul future) ai livelli attuali dell’S&P 500 (2590) è stata quasi del 12%(!) e in sole 11 sessioni. Molte notizie positive stanno presumibilmente esaurendo il loro effetto, dal giro di valzer di Powell al dialogo apparentemente costruttivo tra Cina e Stati Uniti. Resta probabilmente da incassare la fine dello shutdown governativo che rischia però di farci aspettare ancora qualche giorno e non necessariamente fornirà un’ulteriore spinta al sentiment positivo del mercato.

Il ribaltone di Powell è stato confermato e addirittura amplificato dai numerosissimi interventi di componenti del FOMC in una settimana dall’agenda davvero zeppa di conferenze, panel, dibattiti di ogni genere. Tre dei quattro membri a rotazione (governatori delle Fed regionali), Bullard, Evans e Rosengren, che sono diventati votanti nel 2019 si sono aggiunti al coro di voci attendiste e flessibili, dichiarando anch’essi di voler prestare la massima attenzione al mercato in totale sintonia con il loro capo. Mercoledì sera le minute del FOMC del 19 dicembre sono sembrate fin troppo dovish rispetto a quello che era stato il tono del Governatore nella conferenza stampa, ben diverso, incurante della volatilità sul mercato e probabilmente un fattore nei forti ribassi delle sessioni successive. Si potrebbe quasi insinuare che le minute siano state ‘massaggiate’ verso accenti più accomodanti in tempi più recenti. Ieri Powell è intervenuto ancora. In linea di massima, il messaggio è rimasto lo stesso di venerdì scorso: flessibilità e disponibilità ad essere pazienti grazie a rischi inflattivi molto contenuti. Di senso marginalmente contrario è stata però l’affermazione che lo stato patrimoniale della Fed “tornerà ad essere sostanzialmente più piccolo rispetto alla dimensione attuale”. Sembra che con i mercati allontanatisi dal baratro Jay sia già pronto a cambiare un po’ il tono. Se così fosse una recente narrativa che ho captato da qualche osservatore, che considero solitamente più acuto della media, potrebbe prendere piede. Powell non sarebbe per nulla preoccupato dall’inflazione, questo è vero (da cui la sincera disponibilità all’attendismo). Ma sarebbe, a differenza dei suoi predecessori, ben più terrorizzato dall’incubo di generare una nuova bolla finanziaria. Il che sarebbe coerente sia con la sua spavalderia di inizio ottobre (“siamo ancora molto lontani dalla neutralità”) quando le borse erano quasi ai massimi e gli spread di credito non lontano dai minimi, sia con la sua successiva disponibilità a ritrattare successivamente ma solo quando l’avvitamento del mercato ha reso poco plausibile timori di un ingiustificato surriscaldamento finanziario.

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