Il rischio come benchmark per evitare casi di risparmio tradito

 | 04.03.2020 16:45

Introduzione

L’ammonimento attribuito a Benjamin Franklin “Non c’è niente di certo al mondo tranne la morte e le tasse” potrebbe essere ripensato, nel campo finanziario, nel seguente modo: “Il rischio è l’unica certezza di un investimento”. Perché il risparmiatore medio si focalizza esclusivamente sul rendimento, un eventuale obiettivo da raggiungere, sottovalutando il rischio sottostante? L’ignoranza non apre gli occhi: rischio, rendimento e tempo sono fortemente correlati e vanno considerati e analizzati contemporaneamente e l’unica arma a disposizione dell’investitore è la diversificazione.

Questi concetti, insegnati nelle scuole dell’obbligo, salverebbero molti futuri risparmiatori da scandali e crack finanziari e quindi dal perdere i soldi. Ad un dato rendimento corrisponde un rischio adeguato e proporzionato, spesso simmetrico, che non può prescindere dall’holding periodo dell’operatività. Esempio: un titolo di stato con massimo rating che rende a 1 anno l’1% ha un rischio a scadenza, in teoria, zero ma un rischio di prezzo alto durante l’anno; l’investitore, nello scenario più sfavorevole, potrebbe aspettarsi al massimo una perdita simmetrica dell’1% e ricevere minimo 99 a scadenza su cento investiti (perdita uguale per quantità ma di segno opposto rispetto al guadagno).

In una situazione di equilibrio e coerenza dell’investitore si può immagine il Mercato come una moneta le cui facce siano rischio e rendimento, lo spessore il tempo, la superficie la size dell’investimento. Ancora: il rischio ed il rendimento potrebbero essere i cateti di un triangolo rettangolo isoscele e l’ipotenusa rappresenterebbe l’holding period minimo per l’investimento in questione (a più rischio/rendimento corrisponderebbe maggiore tempo.