La BCE manda a tappeto i mercati e ora l’attenzione si sposta sull’inflazione USA

 | 10.06.2022 10:28


Con l’attenzione tutta rivolta sulla riunione della Bce, questa volta tenutasi dal vivo ad Amsterdam, l’Istituto centrale di Francoforte fallisce nel dare conforto ai mercati. La conferenza si apre, dopo gli abituali ringraziamenti, con le seguenti parole: “high inflation is a major challenge for all of us”, ovvero l'inflazione elevata è una sfida importante per tutti noi. Tema inflazione, la cui parola durante l’evento di ieri è stata citata per ben 58 volte, si assesta, nella sua ultima lettura di maggio (dato preliminare), al 8,1% e viene ora ad essere attesa a fine anno al 6,8% e al 3,5% nel 2023 – in rialzo rispetto alle precedenti previsioni. Di contrasto la crescita del Pil viene rivista “significativamente” al ribasso al 2,8% nel 2022 e al 2,1% nel 2023. Modelli previsionali che hanno quindi fallito di assistere le decisioni della Bce e che ora si trova a dover rincorrere un’inflazione che galoppa. La risposta a tal riguardo, presa all’unanimità dal collegio, sarà la fine del Quantitative easing il 1° luglio e un primo rialzo dei tassi di 25 punti base nella riunione di luglio. Il successivo ritocco potrebbe essere a settembre, ma la sua entità dipenderà dall’andamento dei prezzi. Il primo passo di un importante percorso, queste le parole utilizzate dalla Lagarde durante la conferenza.

Per la prima volta dal luglio 2011, la BCE torna quindi a parlare di aumento dei tassi di interesse. Allora, il presidente in carica della Bce era Jean-Claude Trichet il quale, nonostante la crisi del debito della zona euro (ci ricordiamo i cosiddetti PIGS) aveva innalzato il tasso di riferimento all'1,50% per combattere un’inflazione che si avvicinava pericolosamente alla soglia del 2,5%. Le conseguenze sono note, soprattutto per la crisi dei debiti periferici che si sono susseguiti. Anche ora le preoccupazioni dei mercati sono le stesse: la “frammentazione”.  Parola quest’ultima che fa riferimento al timore che quando la BCE inasprisce o allenta la politica monetaria, gli effetti non siano percepiti allo stesso modo in tutte le 19 nazioni che compongono l'eurozona - un fenomeno potenzialmente destabilizzante e a cui le altre banche centrali in genere non devono preoccuparsi. Nonostante le parole a sostegno della difesa sui titoli periferici e di un'adeguata trasmissione della politica monetaria nell'intero sistema, i mercati (soprattutto quelli obbligazionari) non sembrano essere stati rassicurati con lo spread tra il nostro BTP-BUND tedesco in crescita di circa 255 punti, dopo che il rendimento del titolo di stato italiano a 10 anni è salito al 3,726% (ovvero con un +7,25%), sui valori del 2018, ma ben lontano da quelli preoccupanti del 2011.