La Fed alza i tassi e adotta un tono più interventista; investitori cauti

 | 14.06.2018 11:30

di Darrell Delamaide

La grande notizia del vertice della Federal Reserve di ieri non è stata l’aumento dei tassi di interesse di un quarto di punto percentuale ad un range compreso tra l’1,75% e il 2,0%. I mercati se lo aspettavano. Invece, la sorpresa emersa dal vertice di ieri del Federal Open Market Committee (FOMC) è stata che i puntini sul grafico dot-plot della Fed si sono spostati, indicando ora due ulteriori aumenti dei tassi quest’anno.

L’ultimo grafico della Fed mostra che otto dei 15 policymaker si aspettano che il tasso dei fondi federali si attesti al range compreso tra il 2,25 e il 2,5 entro la fine del 2018, con un aumento di due quarti di punto rispetto al range fissato ieri. E questo cambia la maggioranza di 8 a 7 vista nel dot-plot di marzo, che segnalava solo tre aumenti totali nel 2018.

Anche la dichiarazione ufficiale aggiornata e i commenti del Presidente Jay Powell sono sembrati interventisti. È stata messa in evidenza la forza dell’economia statunitense e l’indebolimento delle pressioni inflazionarie. “Il punto principale è che l’economia sta andando benissimo”, ha affermato Powell in apertura della conferenza stampa dopo il vertice del FOMC. “Molte persone che vogliono cercare lavoro lo stanno trovando e la disoccupazione e l’inflazione sono basse”.

Questa è la versione “in parole povere” della dichiarazione ufficiale, che viene sempre analizzata alla ricerca di sfumature. Ed effettivamente la nuova dichiarazione sembra averne abbastanza di sfumature. Ad esempio, stavolta la crescita economica è stata definita “solida” anziché con l’aggettivo più cauto “moderata” della dichiarazione di maggio. La disoccupazione è palesemente “diminuita”, piuttosto che restare bassa. Gli “aggiustamenti” dei tassi di interesse sono diventati esplicitamente “aumenti”.

Come sempre, la chiave per la politica monetaria della Fed è l’inflazione. Ma i policymaker della Fed non prestano molta attenzione all’indice sui prezzi al consumo (IPC) del Dipartimento per il Lavoro, che ha mostrato un allarmante aumento del 2,8% a maggio. Si basano invece sull’indice dei prezzi basato sulle spese al consumo personali (PCE) calcolato in modo più lento dal Dipartimento per il Commercio. E ne preferiscono la versione ridotta (l’indice PCE core) che non tiene conto delle categorie volatili dei prezzi di alimentari ed energetici. L’indice PCE core ad aprile si attestava solo all’1,8%, ancora al di sotto dell’obiettivo della Fed del 2%.

Quindi, la dichiarazione ufficiale di ieri, che ha ottenuto l’approvazione unanime della ristretta cerchia del FOMC, fa notare che l’inflazione sarà “vicina” all’obiettivo “simmetrico” del 2% a medio termine. Il termine “simmetrico” indica che la Fed intende oltrepassare l’obiettivo per un po’ visto che l’inflazione è stata bassa per così tanto tempo. Powell ha dichiarato che l’opinione della commissione in merito all’inflazione non è cambiata da marzo: ancora non ci sono segnali di pressioni significative.

Vota l’App
Unisciti ai milioni di utenti che utilizzano l’app di Investing.com per restare sempre aggiornati.
Scarica ora

La previsione media dei membri del FOMC colloca l’inflazione core per il 2018 al 2,0%, pressoché invariata rispetto all’1,9% di marzo. Salirà solo al 2,1% nel 2019 e nel 2020, secondo le proiezioni dei membri. Gli investitori hanno notato il tono interventista della Fed e i riferimenti USA hanno chiuso vicino ai minimi della giornata.