La fibrillante attesa sul petrolio...

 | 08.04.2020 14:50

“Mi domando se non sarebbe stato meglio restare soli, ciascuno per conto suo. Non eravamo fatti per seguire la stessa strada." "Non è sicuro." "No, non c'è niente di sicuro." "Possiamo sempre lasciarci, se credi." "Ormai non vale più la pena”.

I seguenti virgolettati non sono tweet di Donald Trump o risposte di sauditi ed esponenti russi. Calzerebbero a pennello, considerando gli attori e gli elementi contesi. Samuel Beckett, drammaturgo e scrittore irlandese, avrebbe interpretato in maniera eccellente la complessità della situazione, attraverso i dialoghi di Vladimiro ed Estragone.

Ormai abituati a colpi di scena e continui botta e risposta, una alternanza tra colpi di sciabola e di fioretto, in fervente attesa di news. A volte, ci si sente disarmati, come nel Leviatano hobbesiano dove ad un certo punto gli individui rinunciano, per certi aspetti costretti a farlo, ai propri diritti in favore del sovrano che decide, garantendo la sopravvivenza del popolo, superando quella condizione naturale caratterizzata dalle passioni ma anche dalle paure, e da una lotta intestina del tutti contro tutti, rispetto ad uno forma di governo fulcro della garanzia della ragione, anche se l’intento di imprimere una base esclusivamente razionale all’organizzazione di uno Stato portò anche su Thomas Hobbes il pericoloso sospetto di eresia.

Un breve volo pindarico per dire che siamo giunti al culmine di una importante e netta decisione che l’OPEC + con la partecipazione di tutti gli attori protagonisti dovranno necessariamente prendere.

Se da un lato Riad ha ribadito più volte di essere in grado di sostenere i prezzi che abbiamo costantemente visualizzato sui nostri grafici, producendo quotidianamente i suoi 12 milioni di barili al giorno, dall’altro, la Russia non ha ceduto e mantenuto con fermezza le sue posizioni, con gli occhi puntati sugli Stati Uniti che con il cinguettio di Donald Trump ha dichiarato di essere riuscita addirittura a trovare un accordo tra sauditi e russi sulla riduzione della produzione. Notizia prontamente smentita dal Cremlino. Grande disorientamento.

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La riduzione dell’offerta deve essere partecipata e collaborativa da parte di tutti. Gli Stati Uniti devono fare la loro parte. Altro che dazi e sanzioni. Tuttavia non si deve sottovalutare ciò che sta accadendo alle aziende dello shale oil.

In America è più che raddoppiata, da 10 anni a questa parte, la produzione di greggio, fino ad arrivare agli attuali 13 milioni di barili al giorno, superando la stessa potente Arabia Saudita. Alla lunga, l’eccesso di petrolio e quotazioni molto basse, lo abbiamo sottolineato più volte, non convengono agli stessi sauditi poiché se è vero che riescono a produrre a prezzi inferiori rispetto agli altri Paesi, allo stesso tempo non va trascurato l'aspetto relativo alla sua economia che dipende in maniera incisiva dal petrolio. Mancata comunità d’intenti per le motivazioni che sono state narrate in tutte le salse genera non solo incertezza ma anche una vistosa volatilità che, se per certi aspetti, può essere sfruttata, non bisogna assolutamente retrocedere dall’idea dell’utilizzo di esposizioni ridotte perché oscillazioni vorticose possono rendere vita difficile anche agli operatori più esperti.

Osservando i grafici del petrolio, la teoria di random walk, cioè quella teoria che è stata molto apprezzata negli anni, anche da una parte della comunità accademica, teoria secondo la quale il variare dei prezzi è del tutto indifferente rispetto alla storia, possiamo affermare, senza timore di smentita, che la suddetta, se è vero che il mercato sconta tutto e che la storia si ripete, è completamente confutata.

Lontani dai minimi e massimi crescenti, che hanno caratterizzato la tendenza sviluppatasi ad ottobre dello scorso anno. Sembra per davvero storia antica, quando si è giunti alla formazione della candela giornaliera degli inizi di gennaio, con la sua ombra prolungatasi fino ai 65,53 dollari, stretta conseguenza dovuta all’attacco subito dagli impianti Saudi Aramco (SE:2222).