L’USD debole influenzerà BCE e BoJ

 | 07.09.2016 12:30

Negli USA, i dati continuano a essere deboli, l’ISM non manifatturiero è sceso ai minimi dal 2010. L’indice ISM non-manifatturiero è sceso a 51,4 punti ad agosto, rispetto ai 55,5 precedenti e ai 54,5 previsti.

La brusca flessione dell’attività delle imprese, crollata a 51,8 punti dal rilevamento solido, pari a 59,3 punti, di luglio, è stata la ragione principale di questo calo.

Anche se i dati rimangono sopra i livelli che indicherebbero una recessione, il calo e la tendenza ribassista dovrebbero rappresentare un campanello d’allarme, soprattutto per i membri votanti del FOMC.

I mercati OIS ora scontano una probabilità pari solo al 13% di un rialzo di 25 punti base del tasso a settembre dalla Fed (la probabilità di un rialzo a dicembre si aggira al 50%).

I lunghi in USD costruiti sulle ipotesi di un rialzo del tasso dalla Fed sono stati liquidati rapidamente. Nel breve termine, l’inversione del sentiment rialzista dovrebbe avere un effetto significativo sulla strategia delle banche centrali.

Ciò che maggiormente preoccupa le banche centrali circa l’improvvisa debolezza dell’USD è che essa, a sua volta, rafforza le altre valute, restringendo le condizioni finanziarie.

Gran parte delle banche centrali, fra cui la BoJ e la BCE, pregavano che la Fed alzasse i tassi, ciò avrebbe confluito capitali verso l’USD, facendo indebolire lo JPY e l’EUR.

La Fed avrebbe così, fondamentalmente, fatto il lavoro sporco delle altre banche centrali, svalutando la valuta e assicurandone il vantaggio competitivo.

Tolta la retorica, attualmente il fattore principale per la ripresa economica è la debolezza della valuta.

Senza l’aiuto della Fed nel far indebolire le loro valute, la BCE e la BoJ dovranno intervenire con un altro allentamento per sostenere il vantaggio competitivo delle rispettive divise.

L’indebolimento dell’USD fa aumentare la probabilità di un intervento della BCE e della BoJ nel breve termine, attraverso politiche volte a svalutare la moneta.

Ricordatelo, anche se non se ne parla sulle prime pagine dei giornali, è indubbio che il mondo sia ancora stretto nella morsa di una guerra valutaria e, alla fine, a perdere sarà la nazione con la valuta più forte.