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 | 11.03.2019 10:35

Payrolls.

Venerdì l’headline (una creazione di soli 20k posti di lavoro vs attese per 180k) è stata pessima ma con molte attenuanti e dettagli meno negativi: a) dopo il +311k di gennaio un numero deludente era conseguentemente più probabile; b) così come un meteo migliore delle attese aveva favorito gennaio, il ‘polar-vortex’ è rientrato in gioco a febbraio (non è un caso che proprio dai settori più sensibili alle condizioni atmosferiche, come l’edilizia, siano arrivate le notizie negative); c) l’inflazione salariale non ha mostrato flessioni rispetto al trend di irrobustimento degli ultimi mesi (3.4% y/y vs 3.3% exp.). Ciò detto la media degli ultimi mesi mostra comunque un rallentamento, pur non ancora significativo: la creazione mensile media di posti di lavoro è stata di 166k, 186k, 189kand 190k rispettivamentenegli ultimi 2, 3, 4, 6 mesi. In un clima di generale preoccupazione per la crescita globale il misero +20k di febbraio è destinato a tener vivo il timore che anche negli Stati Uniti la parte migliore del ciclo sia ormai alle spalle. La previsione real-time dell’Atlanta Fed (GDPNow) per la crescita reale del GDP nel Q1 resta un asfittico 0.5%. Il consenso della ‘street’ è invece un più normale 2.0%.

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Circa una settimana fa il mercato era arrivato a prezzare quasi la ‘perfezione’in termini di notizie positive: una virata completa (dovish) della Fed, un accordo Cina-US alla portata, una Brexit ordinata o, almeno, un rinvio che permettesse comunque di evitare un’uscita senza accordo. Questo aveva permesso agli indici azionari di estendere ulteriormente al rialzo il già corposo rimbalzo in atto ormai dall’ultima settimana di dicembre, fino a toccare una resistenza-baluardo testata più volte e mai superata negli ultimi mesi (2815-2825per l’S&P 500). Il tutto però al cospetto di dati economici per nulla entusiasmantie che ci impediscono di validare una price-action che nel 2019 è stata estremamente positiva per molti risky asset. Ancora una volta il cavallo ha rifiutato l’ostacoloe ha battuto in ritirata innescando la prima sostenuta fase di vendita del 2019. Hanno contributoa dare fiducia ai ribassistiuna serie di sviluppi in cui vedere il bicchiere mezzo vuoto non è stato difficile: ECB, Cina, Brexit e Payrolls.

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ECB. Il messaggio fornito giovedì dalla banca centrale è stato in parte sorprendente e in parte scomodo da digerire per il mercato. Sorprendente nel timing: l’annuncio del nuovo TLTRO sarebbe potuto arrivare in aprile e la modifica della ‘forward guidance’ in giugno, secondo molti analisti. Diverso dalle attese in alcuni dettagli del TLTRO: meno generoso rispetto al passato nell’essere indicizzatoal tasso di rifinanziamentoe nell’avere un massimo concedibile in base ai prestiti in essere a fine febbraio. Ma soprattutto scomodo nel messaggio complessivo. La decisione con cui sono stati riveste le proiezioni economiche del 2019-2020 e persino dell’inflazione nel lontano 2021, e la solerzia con cui è statarivista la forward guidance (i tassi non verranno alzati per tutto l 2019, l’indicazione precedente era fino a fine estate) mostrano una chiara preoccupazione per il contesto macroeconomico. È vero che la curva non vedeva alcuna possibilità di rialzo fino al 2020 inoltrato (evento ora comunquespostato ulteriormente in avanti), ma la percezione forte(e che disturba) è quella di una banca centrale che è al tempo stesso preoccupata e impotente dal momento che è costretta ad utilizzare gli stessi strumenti (forward guidance / TLTRO) per fronteggiare una situazione che lei stessa sostiene essere in buona parte esogena (rallentamento cinese, incertezza sul fronte del commercio internazionale, Brexit).

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