Minusvalenze, ecco il modo più facile per recuperarle

 | 02.05.2019 11:39

A chiunque sarà capitato almeno una volta di aver perso soldi investendo sul mercato azionario, delle valute, delle materie prime o sul più tranquillo, almeno sulla carta, obbligazionario. Reduci da un 2018 da dimenticare, oggi sono certamente numerosi i traders e gli investitori che si trovano a fare i conti con le perdite, o più tecnicamente, con le minusvalenze. Ma mentre quando si parla di perdite è chiaro che si tratti di una diminuzione del capitale investito, quando bisogna affrontare il tema delle minusvalenze il discorso si fa più complesso. Troppo spesso, infatti, capita di assimilare le “minusvalenze” alle “perdite” generate da un investimento. Nella realtà, le minusvalenze che ciascuno di noi può avere all’interno del proprio zainetto fiscale non necessariamente implicano una perdita del capitale che si è investito.

Facciamo un esempio:

Investo 50.000 euro su due diversi fondi comuni di investimento o ETF e genero 10.000 euro di guadagno sul fondo A e 5.000 euro di perdita sul fondo B. Complessivamente, il bilancio del mio investimento è positivo di 5.000 euro e pertanto posso dire di aver guadagnato. Quando però è il momento di passare alla tassazione ecco che sorgono i problemi.

Infatti, per la fiscalità prevista su fondi comuni, ETF, cedole di obbligazioni o anche dividendi di azioni, l’aliquota del 26% sul capital gain dovrà essere necessariamente versata o, per chi è in regime amministrato, trattenuta dalla banca presso la quale si intrattiene il rapporto – senza alcuna possibilità di compensazione con eventuali minusvalenze. Nella pratica, ciò comporta che anziché pagare il 26% sui 5.000 euro effettivamente guadagnati dai due asset, mi verranno prelevati 2.600 euro dai 10.000 euro guadagnati mentre i 5.000 persi, finiranno come minusvalenze nello zainetto fiscale, generando pertanto un credito di imposta di 2.600 euro da far valere entro i 4 anni successivi.

Tuttavia per questo regime fiscale, mi troverò con un danno e una beffa. Infatti, avendo io in realtà guadagnato solamente 5.000 euro, e non 10.000, versando 2.600 euro di tassazione mi troverò ad aver pagato concretamente il 52%. Inoltre, ed è questa la beffa, quella minusvalenza che mi è stata accantonata nello zainetto fiscale, non potrò recuperarla in alcun modo se continuerò a utilizzare abitualmente per i miei investimenti gli strumenti tradizionali descritti in precedenza, in quanto capaci di generare redditi diversi nelle perdite e redditi da capitale nei guadagni. Un incrocio impossibile che comporterà la scadenza delle minusvalenze entro il quarto anno successivo.

LA POSSIBILE SOLUZIONE IN UN CERTIFICATO

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Accertato che moltissimi investitori lasciano scadere le proprie minusvalenze senza neanche essere consapevoli di averne, esiste un modo per rimettersi in tasca quei 2.600 euro di credito di imposta, senza dover necessariamente ricorrere all’investimento in azioni pure o in derivati classici.

Una possibile soluzione di investimento, destinata come si è visto già dalla prima settimana di scambi a raccogliere consensi e volumi, anche tra quanti sono affascinati dalle corpose cedole mensili, è rappresentata da un certificato, lo strumento finanziario che genera redditi diversi sia nelle perdite che nei guadagni.

Denominato Phoenix Memory Maxi Coupon (Isin ) ed emesso da Credit Suisse, il certificato segue implicitamente le performance dei titoli Nokia, British American Tobacco (LON:BATS), Ing Groep e Société Générale (PA:SOGN) e a partire dal 13 maggio e per i quattro mesi successivi, pagherà una cedola del 3% mensile a patto che nessun titolo azionari registri una variazione negativa superiore al 50% dai prezzi rilevati in emissione. Attenzione, perché sarà sufficiente che anche uno solo dei 4 titoli crolli al di sotto della barriera del 50% per impedire il pagamento della corposa cedola. Tuttavia, grazie al meccanismo della “ memoria”, alla prima occasione in cui tutti e 4 i titoli azionari rileveranno nuovamente al di sopra delle rispettive barriere, si riceveranno tutte assieme le cedole eventualmente perse in precedenza.

Si arriverà così a settembre con un montante di premi potenziali per complessivi 15 punti percentuali sui 100 euro nominali. A partire da ottobre 2019 l’asticella per continuare ad ottenere la cedola – che scenderà dal 3% allo 0,8%, per un più che dignitoso 9% annuo - salirà al 60% del livello iniziale dei 4 titoli e rimarrà a questo livello fino alla scadenza naturale di aprile 2023. A tale data, qualora tutti i titoli siano almeno al 60% del livello di partenza, ovvero non avranno perso oltre il 40%, si riceverà il rimborso dei 100 euro e di tutte le cedole eventualmente non percepite in precedenza, viceversa, qualora anche uno solo dei titoli registri una perdita superiore al 40%, si otterrà il rimborso dei 100 euro diminuiti della performance azionaria del titolo più debole tra i 4.

Attenzione però perché il certificato potrebbe non giungere alla sua scadenza naturale. Parallelamente alla rilevazione della cedola periodica, a partire dall’11 ottobre è previsto il rimborso anticipato del capitale se tutti e 4 i titoli si trovano almeno al 100% del proprio livello iniziale. Pertanto, già entro il 31 dicembre 2019, data ultima per il recupero delle minusvalenze generate nel 2015, potrà essere possibile rientrare dei 100 euro maggiorati del 17,4% di cedole alla sola condizione che i 4 titoli azionari non siano in ribasso rispetto all’emissione.