Morning adviser, aspettative in costruzione

 | 15.07.2013 08:57

Al termine della scorsa settimana abbiamo utilizzato, per definire la fase di mercato, il termine incertezza e abbiamo brevemente esplicitato un ragionamento di come questa avrebbe potuto perdurare nei giorni a venire in attesa dei prossimi grandi market mover.

A farla da padrone è senza alcun dubbio proprio l’incertezza derivata dalle parole di mercoledì scorso di Ben Bernanke il quale, pur non cambiando la sostanza dei contenuti già espressi nel meeting del FOMC del 19 Giugno, ha di fatto compiuto un passo indietro circa ipotesi imminenti del cosiddetto “tapering” e ha ribadito la necessità per l’economia degli Stati Uniti di politiche monetarie altamente accomodanti nel prossimo futuro, escludendo di fatto l’ipotesi di innalzamento dei tassi di interesse anche a fronte di buoni miglioramenti dei fondamentali economici.

Sappiamo poi cosa sia avvenuto a livello di prezzi degli strumenti finanziari nel momento in cui il mercato in senso stretto, il luogo di incontro tra compratori e venditori, si sia trovato a dover riformulare le proprie aspettative in maniera repentina e violenta e a doverle scontare nei prezzi, con effetti ben evidenti a qualsiasi semplice investitore e trader.

Così i cambi valutari, eccezion fatta per quelli inclusivi del dollaro australiano, hanno corretto dagli ampi movimenti per muoversi in lateralità, le Borse hanno sostenuto i massimi e le materie prime (oro in particolare) continuano a non avere direzionalità. Quali sono dunque gli scenari che si aprono?

Nonostante la cautela della Federal Reserve, la “crescita” degli Stati appare per così dire convincente e questo verosimilmente sosterrà il dollaro e i tassi d’interesse a stelle strisce; perciò solo un significativo e improbabile deterioramento dei dati potrebbe davvero allontanare l’ipotesi di exit strategy dal Quantitative Easing 3 che vede ora l’istituto centrale inondare il sistema con 85 miliardi di dollari al mese.

Va inoltre ricordato, e non appare sempre cristallino, che il FOMC ha parlato, e continuerà a farlo, di riduzione non di dismissione dall’acquisto di asset il che vuol dire che anche a fronte di deludenti release macro potrebbe avanzare ipotesi di riduzione dei tassi nella parte breve della curva senza appunto toccare i piani di acquisto.

La sottoperformance del dollaro americano della scorsa settimana è stata infatti legata ad un allargamento tra le scadenze a due anni dei tassi tra dollaro ed euro e sterlina, tanto per citare i due maggiori rapporti valutari. Ci troviamo dunque in una situazione per la quale le price action dei cambi sono a maggior ragione ai differenziali che si vanno a creare tra le azioni dei rispettivi istituti centrali di riferimento.

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