Morning adviser, borse e dollaro ancora su

 | 16.05.2013 08:59

Dunque le dinamiche che si stanno realizzando sul mercato ormai da molti giorni perdurano senza soluzione di continuità.

Le Borse continuano a performare e in taluni casi a mettere a segno massimi assoluti, seppur crescendo a tassi decrescenti, così come il dollaro che persiste nel suo rafforzamento contro tutte le major.

Continua dunque la pressione su diversi cambi valutari, in particolare su quello più liquido al mondo e cioè l’eurodollaro che ci ha fatto assistere ieri a ulteriori violazioni al ribasso dei punti statici di supporto più importanti sotto la soglia di 1,29 andando poi lievemente a correggere sull’interessante area di 1,2840.

A farla da padrone è ancora una volta la dicotomia tra orientamento di politica monetaria di BCE e Fed e la forbice tra le aspettative di miglioramento dei fondamentali tra Eurozona e Stati Uniti.

L’istituto centrale guidato da Mario Draghi difficilmente potrà sostenere il valore dell’euro almeno nel medio periodo in quanto si è detta pronta ad ulteriormente ritoccare al ribasso il tasso di rifinanziamento principale e a far scivolare in territorio negativo il tasso di deposito che le banche incassano (sotto lo zero evidentemente pagherebbero) per parcheggiare la liquidità overnight nei forzieri di Francoforte.

La realizzazione di questo scenario dipenderà evidentemente dalle prospettiva di crescita e di inflazione ma su entrambi questi fronti ci permettiamo di essere quanto meno scettici: il Pil della Germania e quello della Francia si sono rivelati ieri inferiori alle attese e l’Italia per il settimo trimestre consecutivo ha fatto registrare un calo del Prodotto Interno Lordo, per non parlare di indicatori prospettici come il PMI Manifatturiero relativo agli Ordinativi che suggeriscono nel migliore dei casi un’attività economica in totale stallo.

Ancora, il mercato del lavoro, con la sola eccezione della Germania, continua a navigare in pessime acque e a deprimere la fiducia dei consumatori impedendo così alla voce più importante del Pil di crescere.

Sul versante dell’inflazione le aspettative possono rivelarsi perfino peggiori in quanto la crisi del credito sta paralizzando le attività produttive che si ritrovano a frenare e addirittura dismettere investimenti, con effetti a catena sull’occupazione che, manco a dirlo, ancora una volta, tronca la possibilità di vedere aumentare la spesa privata con devastanti potenzialità di deflazione che difficilmente può essere contrastata dal fenomeno dell’inflazione importata visto l’attuale decrescita dei prezzi delle materie prime.