Morning adviser, Dollaro in caduta libera

 | 11.07.2013 09:12

Un grafico su tutti è sufficiente per capire cosa sia accaduto ieri sul mercato: quello del FXCM Dow Jones Dollar Index.

L’indice che riassume equi proporzionalmente l’andamento dei quattro maggiori rapporti valutari (EUR/USD,GBP/USD,USD/JPY,AUD/USD) originali, che contengono cioè il dollaro americano, è riuscito nello spazio di tre ore a portarsi da quota 10.945 punti a 10.760.

Quasi 200 punti a fronte di un range di escursione di prezzo media giornaliera dello strumento di 70 punti, fornisce l’idea di cosa sia successo ieri sul mercato valutario e non solo. Ieri accennavamo a come i movimenti che nei giorni isolati erano stati circoscritti ad euro e sterlina potessero poi estendersi in una dinamica dollaro centrica sulle minute della Federal Reserve e soprattutto sulle parole di Ben Bernanke ed è quello che è avvenuto con un effetto dirompente oltre ogni attesa.

Il Chairman della Fed ha infatti avuto l’abilità di non cambiare la sostanza dei contenuti esplicitati nell’ultimo meeting del 19 Giugno, ma di chiarirne gli aspetti legati a modalità e tempistiche delle azioni che l’Istituto Centrale Americano si propone di adottare nei prossimi mesi e lo ha fatto attraverso l’utilizzo di un tono decisamente più dovish dell’ultima uscita pubblica.

Egli ha precisato che la Fed potrebbe non ridurre il piano di acquisto di asset per 85 miliardi di dollari al mese così velocemente e così presto come il mercato poteva attendere e che le politiche monetarie accomodanti si rendono necessarie per il prossimo futuro.

Anche in caso di “tapering” infatti, la Fed non andrà a ritoccare al rialzo i tassi di interesse se non fino a quando il tasso di disoccupazione, al 7,6%,non scenderà sul valore del 6,5% il quale resta comunque un livello soglia e non un livello target e che comunque non assicurerebbe circa un rialzo dei tassi.

Ciò che è apparso in assoluto il più succulento dei piatti per il mercato di ciò che ha proferito ieri il banchiere centrale, è stato il riconoscimento di un’eccessiva volatilità che si è apprezzata in seguito al meeting del FOMC di metà giugno e che avrebbe potuto evitarsi se l’istituto avesse fornito un riferimento temporale in relazione al ritmo di riduzione dell’acquisto di asset.

Una vera e propria retromarcia che ha trovato nelle aspettative degli operatori di mercato il suo propellente.

Sappiamo come la variabile determinante che concorre alla formazione del prezzo di un’attività finanziaria sia costituito proprio dalle aspettative circa i futuri scenari, aspettative che se rispettate conducono a movimenti dei prezzi nella direzione attesa con incrementi di volatilità legati a posizionamenti successivi a news o comunque market mover importanti.

Vota l’App
Unisciti ai milioni di utenti che utilizzano l’app di Investing.com per restare sempre aggiornati.
Scarica ora