Morning adviser, effetto FED

 | 21.06.2013 08:51

La grande attesa per la giornata di ieri era legata alla reazione delle Borse mondiali in seguito al meeting del FOMC e alle parole di Ben Bernanke circa possibili riduzioni del Quantitative Easing a partire già dalla fine di quest’anno.

Le aspettative non hanno certo deluso e hanno orientato la dinamica dei prezzi presso pesanti ribassi. I principali indici azionari globali hanno bruciato oltre il 2% con S&P500 e Dow Jones entrambi tornati rispettivamente sotto le soglia psicologiche di 1.600 e 15.000 punti e il VIX, l’indice della volatilità (in gergo detto “della paura”) che ha raggiunto la quotazione di 20 per la prima volta nel 2013.

Stesso scenario, manco a dirlo, per le Borse europee che non avevano scontato la grande volatilità scatenatasi immediatamente dopo la FED mercoledì sera.

Ma l’azionario è solo la punta dell’iceberg di un contesto generale che ha visto l’oro perdere terreno di oltre il 6,5% sulla quotazione, il petrolio di oltre il 3% e i rendimenti sull’obbligazionario repentinamente schizzare sia sul fronte oltreoceano che su quello del Vecchio Continente.

Le spiegazioni di questo sono presto ravvisabili e diventa perfino stucchevole andare a ribadirle, visti gli ampi ragionamenti a riguardo fatti nei giorni passati.

Seppur la reazione delle Borse appaia eccessiva in termini di portata dei movimenti ribassisti, è evidente che un mercato che si è sostenuto sulla droga somministrata a grandi dosi dalla FED si trovi in pericolosa crisi di astinenza alla

sola aspettativa che questa verrà a mancare, o comunque a ridursi. Viste queste premesse è verosimile aspettarsi ancora grande volatilità sui mercati con la possibilità di assistere a dei veri e propri scossoni soprattutto in relazione ai vari dati macroeconomici che da qui in poi verranno pubblicati con focus particolare con quelli relativi al mercato del lavoro statunitense.

Sul fronte strettamente valutario al fine di determinare la tendenza dei rapporti di cambio che “dovrebbero” essere per l’appunto rappresentativi dello status e delle aspettative delle aree economiche , può essere opportuno ragionare in ottica di spostamenti di flussi di capitali che avverranno sui nuovi scenari.

I paesi emergenti potrebbero vivere infatti periodi di rallentamento se non contrazione dal momento che la loro crescita era ampiamente sostenuta dalla grande liquidità in circolazione e dovranno perciò rendere la loro crescita sostenibile e legata molto di più alla domanda interna.