Morning adviser, Incertezza dopo la tempesta

 | 12.07.2013 08:49

Incertezza è senza alcun dubbio la parola che meglio di tutte identifica il momento che ha caratterizzato i mercati nella giornata di ieri e che potrà perdurare nei giorni a venire in attesa dei prossimi grandi market mover.

L’incertezza derivata dalle parole di mercoledì sera di Ben Bernanke, il quale non ha cambiato la sostanza dei contenuti già espressi nel meeting del FOMC del 19 Giugno, ma ne ha rimodulato la forma e il tono.

Se 20 giorni fa appariva infatti tracotante nell’affermare che la Federal Reserve era pronta a ridurre il piano di acquisto di asset al ritmo di 85 miliardi di dollari al mese, fornendo come orizzonte temporale perfino la fine dell’anno e la prima metà del 2014, l’altroieri il Chairman dell’Istituto centrale americano si è mostrato molto più reticente circa questa possibilità e ha rincarato la dose di “dovishness” affermando che l’economia degli Stati Uniti necessita ancora di politiche monetarie altamente accomodanti nel prossimo futuro, escludendo di fatto l’ipotesi di innalzamento dei tassi di interesse anche a fronte di buoni miglioramenti dei fondamentali economici.

In un mercato dove la formazione dei prezzi avviene attraverso il meccanismo delle aspettative, oltre che dinamiche umane di reazioni emotive, tutto questo ha portato a clamorosi scossoni sulla gran parte degli strumenti finanziari in un momento peraltro di ridotta liquidità.

Il sell off ha infatti presentato un coefficiente di deviazione standard altissimo se rapportato agli ultimi cinque anni ed è stato il settimo più ingente in termini di portata percentuale dal 2008.

La situazione che ora si va a delineare è dunque di confusione e, appunto, incertezza.

I principali cambi valutari ieri lo hanno perfettamente dimostrato, con dinamiche di forti correzioni solo lievemente confermate al rialzo come nel caso di eurodollaro e cable, e ancora più marcatamente nei cambi che includono le cosiddette commodities currencies, mentre l’USD/JPY ha mostrato lateralità con progressivo restringimento dei prezzi così come l’oro che è tornato ad essere per così dire attendista.

Segni di tonicità sono stati mostrati solo dagli indici azionari americani che sono tornati nei pressi dei massimi storici, supportati ovviamente dai tantissimi dollari in circolazione e che resteranno nel sistema potendone così finanziare l’acquisto.

A livello di ragionamento complessivo continuiamo a ritenere, ad ogni modo, che la bullishness del dollaro potrà proseguire nell’ambito di un percorso di crescita relativamente lineare e sostenibile per gli Stati Uniti e di uno spread che va allargandosi in termine di aspettative sui tassi e sulle politiche monetarie delle diverse banche centrali.

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