Morning adviser, it’s raining yen

 | 13.06.2013 09:15

In questa settimana dei mercati caratterizzata da volatilità solo a fiammate, senza alcun dubbio ciò che maggiormente risalta è il prepotente apprezzamento dello yen giapponese.

Il cambio originale, che lo vede contro il dollaro americano, dopo essersi allontanato dai massimi relativi poco sopra 103 ha poi stornato fino alle resistenze in area 95 per poi andare a sua volta ritracciare su formazione di pin candle daily che potevano preludere a nuovi rialzi; segnali che tuttavia attendevano conferme da un punto di vista tecnico di tenuta dell’area di supporto importante e che non vi sono verificati, fornendo la possibilità di assistere a nuovi minimi.

Diversi fattori hanno condotto a questa brusca inversione della quotazione che non più tardi di un mese fa sembrava destinata a decollare verso ambiziosi target bullish, sull’onda dell’entusiasmo generato dalla politica economica implementata dal Premier nipponico Abe di concerto con la Bank of Japan la quale ha messo in campo una massiccia manovra di quantitative easing: in primo luogo, i timori circa una crescita economica inferiore alle aspettative (anche e per via della crescita globale), le perplessità in relazione all’enorme debito pubblico giapponese che si è ovviamente incrementato e soprattutto i dubbi circa la risolutezza della Bank of Japan, da sempre ritenuto l’istituto centrale più credibile in assoluto.

Il crollo dell’azionario giapponese e il repentino rialzo dei tassi di interesse delle obbligazioni governative non sono perciò che l’effetto, non la causa, insieme naturalmente al forte apprezzamento della valuta.

Ma a ben interpretare queste dinamiche, ci accorgiamo di come possano essere valide nel breve termine più che nel medio-lungo se si considera che i rendimenti dei titoli di stato nella parte lunga della curva dei tassi rimangono sopra al punto di minimo, che il mercato azionario è comunque cresciuto di oltre il 50% da inizio anno e che la crescita economica annualizzata è al 3,5% per il primo trimestre (numeri impensabili per l’Europa ma anche per gli Stati Uniti).