Natixis, ma quanto pesa davvero H2O?

 | 24.06.2019 15:23

h3 La notizia della scarsa liquidità su alcuni asset obbligazionari detenuti dai fondi H2o ha scatenato una corsa alle vendite. Ma è così giustificata la reazione sui prezzi di Natixis o questa è solo un’occasione di acquisto?

Con una flessione del 14% in due giorni, il titolo francese Natixis ha pagato pesantemente i timori degli investitori che in massa hanno chiesto il riscatto di 1,4 miliardi di euro di quote di fondi H2o, di cui 350 milioni del comparto Allegro, dopo che Morningstar ne ha sospeso il rating sulla base di un approfondimento del FT su presunte irregolarità sulla governance e sulla illiquidità di alcuni asset obbligazionari detenuti in portafoglio. In risposta, i vertici della SgR hanno fatto sapere di aver ceduto parte degli asset illiquidi e di aver eliminato le commissioni di ingresso sui propri fondi, al fine di frenare l’emorragia.

Che dietro le straordinarie performance dei fondi H2o ci potesse essere l’utilizzo di asset maggiormente rischiosi non era del tutto inimmaginabile, se si considera che negli ultimi 3 anni il comparto Multibonds ha regalato rendimenti fino al 28% contro una media dei fondi comparables del 3,6%. In Italia sono circa una trentina le banche che hanno distribuito i fondi H2o e pertanto un gran numero di investitori inizia a temere che il deflusso fuori controllo rischi di portare al blocco dei rimborsi, con le conseguenze che il passato non troppo lontano ha insegnato.

Ma quanto pesano i guai di H2o sui bilanci di Natixis? Lo scorso anno, la società di gestione ha contribuito all’utile della banca francese per circa l’11% ma soprattutto la BPCE ( il Gruppo delle Banche Popolari e delle Casse di Risparmio di Francia) , controllante della boutique francese con il 70,8% delle quote può considerarsi un vero e proprio gigante, con 30 milioni di clienti nel mondo, presenza in 40 Paesi , 29 banche facenti parte del Gruppo e una capillarità che ne fa il secondo gruppo bancario transalpino. Insomma i dubbi che la vicenda H2o possa rivelarsi una bolla di sapone, soprattutto sui conti di Natixis, sono leciti.

Tuttavia fin quando le acque non si saranno del tutto calmate, il rischio di improvvisi scrosci sulle quotazioni è da tenere in considerazione ed è per questo che potrebbe essere opportuno sfruttare l’improvviso balzo della volatilità, che ha accompagnato i prezzi al ribasso negli ultimi giorni, per fare un ingresso a prezzi di saldo utilizzando uno strumento che a fronte dei 14 punti percentuali persi dal titolo Natixis è riuscito a tenere botta perdendone solamente tre.

Lo strumento di cui si tratta è un certificato, quotato in Borsa Italiana, che oltre a seguire le performance del titolo Natixis guarda anche all’andamento di Intesa Sanpaolo (MI:ISP) e di altri due big francesi del calibro di Peugeot e Valeo (PA:VLOF). Due titoli bancari e tre francesi su quattro, a premiare la composizione più che discretamente correlata del basket su cui punta il nuovo Phoenix Memory Aribag targato UBS (Isin DE000UY4VJJ5 ).

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Rispetto alle precedenti emissioni dotate della medesima struttura che affollano il mercato dei certificati, la cedola periodica si attesta tra le più alte in circolazione se si fa riferimento a quei prodotti i cui sottostanti siano comparables in termini di capitalizzazione, correlazione, dividend yield e volatilità. Questo certificato infatti si presenta con una cedola mensile dello 0,7%, che su base annua significa avere accesso ad un flusso cedolare di ben 8,4 punti percentuali, il tutto vincolato al rispetto del 55% dello strike iniziale da parte di tutti i sottostanti. Ciò significa che anche nell’ipotesi di una flessione del 45% da parte dei titoli componenti il paniere, investendo in questo certificato si continuerà a percepire la cedola mensile dello 0,7%.

Un’altra importante novità riguarda l’opzione di rimborso anticipato, che potrà scattare automaticamente a partire da marzo 2020. In genere questa è condizionata alla tenuta del 100% del livello iniziale da parte dei titoli del basket mentre in questo caso, sin dalla prima data del 2 marzo 2020, sarà possibile beneficiare del rimborso automatico dei 100 euro nominali, maggiorati della cedola di competenza, anche nel caso in cui uno dei titoli sia sceso dall’emissione fino al 10% ( trigger al 90%). Pertanto l’investitore, in questo schema di rimborso, non solo avrà accesso ad una corposa cedola mensile ma anche la possibilità di sfruttare il richiamo anticipato anche in presenza di ribassi di una certa entità, purchè limitati entro il -10% dai livelli inziali, trasformando così performance negative per i titoli sottostanti in rendimenti positivi.

Se questo dovesse sembrare poco, per raggiungere livelli ancor più alti in termini di asimmetria, viene in soccorso anche l’effetto airbag che si attiverà alla naturale scadenza (31 maggio 2024). In tale occasione si guarderà solo ed esclusivamente al 55% dei valori iniziali. Una barriera ad oggi decisamente molto profonda, dati i livelli strike fissati in corrispondenza dei recenti minimi su Intesa ( 1,8334 euro e di conseguenza barriera a 1 euro) ma che potenzialmente potrebbe essere raggiunta durante la vita del prodotto anche in considerazione della scadenza quinquennale del certificato. Nel caso in cui un sottostante dovesse violare tale livello, il rimborso al di sotto del 55% dello strike sarà connesso al titolo “worst of”, ma non sarà lineare come accade nelle classiche strutture non dotate di “Airbag”.